Comunicare per essere®, la comunicazione valoriale che ti permette di manifestarti, di essere, di relazionarti, seguendo sempre i massimi valori che ispirano la tua vita. Un approccio dialogico, relazionale, generativo, applicato alla vita quotidiana, che accompagna e sostiene la tua evoluzione e la strada della massima espressione di te. Pensare bene per vivere bene. Agire bene per creare valore. Fare le scelte giuste, capire quali siano, impegnarti per raggiungerle. Come dare il meglio di ...
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207 La critica di Mario Draghi alle parole in inglese: perché non sono d'accordo
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In un passaggio della sua conferenza stampa di ieri, Mario Draghi ha criticato l'utilizzo delle parole "smartworking" e "babysitting", alzando gli occhi dal foglio e dicendo: "Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi".
Premesso che in molti miei video sulla comunicazione ho rimarcato più volte l'importanza di "glossare" (tradurre) i termini inglesi in italiano, in questo caso da ascoltatore sono rimasto un po' confuso dalla scelta di Draghi: se infatti un relatore usa una parola, e subito dopo si chiede perché usiamo così spesso parole del genere, come ascoltatore mi chiedo proprio perché lui stesso le utilizzi.
In sostanza, il punto è lo stesso che vi ho proposto anche altre volte (per esempio nella puntata dedicata al presente storico e all'uso del "tu" e del "voi" nella comunicazione sul web): quanta coerenza c’è tra ciò che dico e la descrizione che il linguaggio fa di ciò che dico?
Se io dico delle parole in inglese, e subito dopo mi chiedo perché dobbiamo usare tutte queste parole in inglese, chi sta parlando? Parla un testo scritto, e quindi ne sto prendendo le distanze, o parlo io in prima persona?
Me ne occupo in questa puntata.
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Mi chiamo Patrick Facciolo, sono dottore in tecniche psicologiche e giornalista. Mi occupo di formazione sui temi del Public Speaking e della comunicazione efficace. Faccio divulgazione su questi temi attraverso il mio blog su https://www.parlarealmicrofono.it
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In sostanza, il punto è lo stesso che vi ho proposto anche altre volte (per esempio nella puntata dedicata al presente storico e all'uso del "tu" e del "voi" nella comunicazione sul web): quanta coerenza c’è tra ciò che dico e la descrizione che il linguaggio fa di ciò che dico?
Se io dico delle parole in inglese, e subito dopo mi chiedo perché dobbiamo usare tutte queste parole in inglese, chi sta parlando? Parla un testo scritto, e quindi ne sto prendendo le distanze, o parlo io in prima persona?
Me ne occupo in questa puntata.
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In sostanza, il punto è lo stesso che vi ho proposto anche altre volte (per esempio nella puntata dedicata al presente storico e all'uso del "tu" e del "voi" nella comunicazione sul web): quanta coerenza c’è tra ciò che dico e la descrizione che il linguaggio fa di ciò che dico?
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