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Antonino Gioè - Il boss della Mafia che si tolse la vita

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Era la notte tra il 28 e il 29 luglio del 1993 quando il boss di Altofonte Antonino Gioè venne ritrovato impiccato con i lacci delle scarpe nella cella in cui trascorreva la detenzione nel carcere di Rebibbia. Erano trascorse appena poche ore dalle bombe delle stragi di via Palestro a Milano e delle due basiliche di Roma. Le indagini ufficiali bollano il fatto come un suicidio. Secondo gli inquirenti di allora con quel gesto il capomafia, che si trovava a Punta Raisi il giorno della strage di Capaci, si sarebbe tolto la vita prima che fosse la stessa Cosa Nostra ad intervenire. C'erano intercettazioni in cui il boss aveva parlato dell' “Attentatuni” ed anche altri riferimenti su possibili attentati al Palazzo di Giustizia di Palermo o contro gli agenti di polizia penitenziaria in servizio a Pianosa. E nella conversazione intercettata dalla Dia c'è anche un riferimento al suo “padrino”, Leoluca Bagarella: “Ma ' stu Bagarella cu cazzu si senti? Oh, lo dico per scherzare, ah” disse al telefono. Ma queste non sono prove schiaccianti sulla morte, e quei fatti non hanno mai convinto troppo. Vi fu anche un'indagine giudiziaria a carico di tre agenti penitenziari che furono indagati per istigazione al suicidio di Gioè, ma vennero prosciolti senza chiarire i dubbi. C’è poi la pista alternativa secondo la quale la morte di Gioè non fu un suicidio: nelle foto scattate in quella notte nella cella i segni della corda sul collo non vanno verso l'alto, come sarebbe lecito aspettarsi se si fosse appeso alla grata, ma verso il basso il che fa pensare più ad una corda tirata da qualcuno. Anche l'autopsia fornisce diversi elementi che andrebbero chiariti. Gioè aveva la sesta e la settima costole di destra fratturate “a causa del massaggio cardiaco praticato su di esso”. Singolare che queste siano le ultime due costole della gabbia toracica mentre il massaggio cardiaco si esegue ben più in altro ad altezza del plesso solare. Sul tavolo della cella furono ritrovati anche tre lettere scritte a mano da Gioè: “Stasera ho ritrovato la pace e la serenità che avevo perduto 17 anni fa” aveva scritto il boss. Per gli inquirenti un semplice ultimo addio. Per chi vuole leggere tra le righe, forse, la possibilità di una futura collaborazione con la giustizia. Del resto Gioè è stato anche uno degli uomini chiave della trattativa Stato-mafia, non solo perché a lui si era rivolto il cugino Francesco Di Carlo dopo un incontro “con agenti segreti che parlavano inglese e italiano”, ma anche per quegli incontri con Paolo Bellini, estremista di destra, depistatore, nonché esperto d'arte. Vent'anni dopo dubbi e misteri su quel suicidio tornano a galla. Ed è forse ora di fare veramente luce su questi fatti. Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Inoltre, se vuoi sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share
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