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Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario

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Il peccato è vivere senza "esultare di gioia nello Spirito Santo". La missione di satana, infatti, è opporsi (è l'etimologia del nome) alla gioia, tagliando i pozzi dove possiamo attingere la ragione per esultare. Ogni giorno si avvicina prima strisciando come un "serpente" per iniettarci il veleno della menzogna su Dio, che è come dire sulle nostre origini; e poi subdolamente come uno "scorpione" che ha il pungiglione nella coda, perché, dopo averci ingannato sulla Patria da cui veniamo, ci vuole incatenare alla paura della fine, del ritorno ad essa, ingiusta e inospitale ai nostri occhi. Così ci tiene in schiavitù per tutta la vita, inducendoci a disprezzarla. Seducendoci attraverso la sua immagine dipinta con la menzogna sul frutto dell'albero ("Eva vide che il frutto era bello, buono da mangiare e desiderabile per acquistare saggezza), satana ha usurpato il posto di Dio nel nostro sguardo e nel nostro cuore. Ci ha presentato una caricatura di Dio e del Cielo, riducendo l'uno a un hamburger e l'altro a un fast-food dove allungare la mano e per pochi spiccioli acquistare la "sapienza" mondana e la "prudenza" secondo la carne che ci farebbero diventare come Dio. E così ci ha obbligati a specchiarci in un dio falso che ci restituisce un'immagine falsa di noi stessi, un idolo senza vita a cui ci convinciamo di assomigliare. Così satana disprezza la nostra vita, sottraendole il valore e la bellezza che le deriva dall'essere un riflesso della bellezza di Dio; ci fa credere di somigliare a lui, menzognero principe della morte, e sai che allegria scoprirsi ogni giorno con il profilo di Caronte che traghetta le ore all'inferno... Chi cade in questa trappola di satana ha gettato se stesso e la sua vita nel fallimento, ovvero nel peccato, che sappiamo essere proprio il fallimento dell'obiettivo della nostra vita, nelle piccole come nelle grandi cose. Siamo stati creati per esultare nello Spirito Santo, nella Vita di Dio che è stata infusa nella nostra carne plasmata con la polvere del suolo. Se satana riesce a farci buttar fuori l'Ospite dolce dell'anima, ha vinto, consegnandoci alla frustrazione della sconfitta, porta spalancata sul suicidio. Per questo, ogni istante vissuto senza esultare, senza cioè respirare a pieni polmoni l'ossigeno di Dio, è un istante buttato nella pattumiera; ogni pensiero, parola e gesto che non è stato fecondato dal soffio della vita divina e in esso non si muove è roba corrotta, avvelenata dal serpente e morsa dallo scorpione. Quante vite buttate così. Quanti giovani spalmano le loro ore tra noia e insoddisfazione, cercando nell'alcool, nella droga e nel sesso l'alito di vita che faccia impennare l'esistenza. Forse anche tu, da tempo hai disprezzato te stesso e rinchiuso la tua vita nell'anestesia della disperazione, e ora ti accontenti di non soffrire troppo, e passi le ore cercando di schivare la responsabilità e i rischi che suppongono l'amore, che è il Nome di Dio fatto carne nel Figlio e gioia nello Spirito Santo. Esulta, infatti, solo chi, amato da Dio, ama in Lui. Vive in pienezza raggiungendo il "target" di ogni esistenza consegnata da Dio solo chi, unito a Cristo, ama sino a morire per l'altro, cammino certo alla gioia di chi sperimenta il passaggio alla risurrezione. Sì fratelli, perché la gioia autentica per la quale siamo stati creati, e ricreati dopo averla disprezzata con il peccato, è quella dei discepoli che hanno visto "i loro nomi scritti in Cielo". Quando? Quando Cristo risorto è apparso loro mostrando le sue piaghe gloriose, e il vangelo annota che i discepoli gioirono immensamente. Quando cioè hanno visto nella carne di Gesù la prova del perdono che smentiva la menzogna del demonio. Quando, finalmente umiliati nella verità, "piccoli", "infanti" secondo l'originale, ovvero senza parole di fronte alla Croce, Gesù ha rivelato il vero volto del Padre nel suo che li accoglieva e amava così come erano. L'esultanza di Gesù planava nei loro cuori dal Cielo dove aveva scritto con il suo sangue i nomi di ciascuno. In quell'incontro sulla soglia che dischiudeva la loro piccolezza che li aveva indotti a tradire per paura sulla grandezza infinita dell'amore di Dio, gli apostoli avevano sperimentato la gioia autentica, quella che San Paolo comandava con uno strano imperativo aoristo (continuato) ai fratelli della comunità di Filippi. Si può comandare un sentimento? No di certo, ma la "gioia" a cui l'Apostolo invitava ad obbedire non è un sentimento, ma la forma autentica e fondamentale in cui un cristiano perdonato da Dio rivela al mondo il suo cuore rinnovato nell'amore. E' la felicità incontenibile di chi, come la Vergine Maria, sperimenta il potere del Nome di Cristo che scaraventa satana giù dal Cielo come folgore, perché risplenda in esso il suo "nome" insieme a quello dei suoi fratelli. Il nome nella Scrittura rappresenta la persona e tutto ciò che la costituisce, la sua storia, i suoi affetti, anche gli aspetti più piccoli. Gesù ha scritto con il suo sangue ogni istante della nostra esistenza sul Libro della vita: nel suo amore ogni peccato è trasformato in luce di misericordia, ogni momento buttato è riscattato, come ogni angoscia, tradimento, menzogna, cupidigia, concupiscenza; tutto di noi, ma proprio tutto, lavato nel sangue del Signore, splende già ora nel Cielo. Tutto di noi è registrato nel cuore di Dio, come nell'inventario delle sue cose più preziose, anche quello che stiamo vivendo ora e ci fa soffrire. Ed è così "perché il Padre ha deciso così", perché a Lui "è piaciuto" salvare ogni uomo attraverso i più piccoli, quelli che, dopo un lungo cammino di conversione, hanno scoperto come Giobbe di non aver capito e visto nulla. Gli "infanti" che, come lui, si mettono la mano sulla bocca e non parlano più, la smettono cioè con le parole banali del mondo, per lasciare spazio al silenzio della contemplazione del Figlio, del volto autentico di Dio che, insieme a tutti gli altri uomini, non avevano potuto vedere a causa dell'inganno satanico. Fratelli, Dio ha scelto noi, il peggio, perché non esista nessuno peggiore da scartare. E così, "piccoli" e senza parole sapienti e prudenti secondo gli uomini, con la sola parola della Croce siamo inviati nel mondo dove tutti vivono il dolore dell'esilio dalla propria patria. Il Nome di Cristo che ha vinto la morte nei nostri nomi scolpiti in Cielo ha il potere di precipitare satana dal cielo per dischiudere gli occhi di tuo marito, tua moglie, i tuoi figli, i colleghi, sul volto di Dio. Liberi da ogni ansia di successo perché consapevoli che la gioia autentica non nasce neanche dai miracoli dell'amore di Dio, "camminando su serpenti e scorpioni senza che questi ci possano danneggiare" portiamo l'aria del Paradiso che il demonio ha nascosto alla terra. Vittoriosi cioè sulla morte e il male che dominano il mondo, "contempliamo" il compimento del giorno del Messia "che Profeti e Re hanno desiderato ardentemente vedere", mentre attraverso la nostra "beatitudine" lo annunciamo a ogni uomo per riportarlo a casa con noi. L'esultanza, infatti, è la nostra missione! L'esultanza in mezzo alla valle di lacrime che è l'esistenza sulla terra segnata dal peccato e dal male. L'esultanza della "perfetta letizia" che aveva scoperto San Francesco: non la gioia per i miracoli, le prediche, le conversioni. La gioia perfetta che si sperimenta proprio nel dolore e nella persecuzione, nel rifiuto e nella calunnia, la gioia piena che scaturisce solo sulla Croce, dove il nostro nome fatto di terra è scritto in Cielo nel Nome che è disceso dal Cielo. Chi ha conosciuto il perdono dei peccati e l'amore che lo ha trasferito alla destra del Padre, esulta di gioia pura proprio nella sofferenza, e depone così nella sofferenza di ogni uomo la testimonianza della vittoria di Cristo, il martirio di un amore che supera le angosce della morte. E così, come Francesco, proprio mentre torniamo a casa dalla missione, il rifiuto e la persecuzione, la malattia e le sofferenze, ci faranno testimoni pieni di gioia del Cielo, perché anche i nomi di chi ci è accanto, compresi i nemici, siano scritti lassù, accanto ai nostri.
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Il peccato è vivere senza "esultare di gioia nello Spirito Santo". La missione di satana, infatti, è opporsi (è l'etimologia del nome) alla gioia, tagliando i pozzi dove possiamo attingere la ragione per esultare. Ogni giorno si avvicina prima strisciando come un "serpente" per iniettarci il veleno della menzogna su Dio, che è come dire sulle nostre origini; e poi subdolamente come uno "scorpione" che ha il pungiglione nella coda, perché, dopo averci ingannato sulla Patria da cui veniamo, ci vuole incatenare alla paura della fine, del ritorno ad essa, ingiusta e inospitale ai nostri occhi. Così ci tiene in schiavitù per tutta la vita, inducendoci a disprezzarla. Seducendoci attraverso la sua immagine dipinta con la menzogna sul frutto dell'albero ("Eva vide che il frutto era bello, buono da mangiare e desiderabile per acquistare saggezza), satana ha usurpato il posto di Dio nel nostro sguardo e nel nostro cuore. Ci ha presentato una caricatura di Dio e del Cielo, riducendo l'uno a un hamburger e l'altro a un fast-food dove allungare la mano e per pochi spiccioli acquistare la "sapienza" mondana e la "prudenza" secondo la carne che ci farebbero diventare come Dio. E così ci ha obbligati a specchiarci in un dio falso che ci restituisce un'immagine falsa di noi stessi, un idolo senza vita a cui ci convinciamo di assomigliare. Così satana disprezza la nostra vita, sottraendole il valore e la bellezza che le deriva dall'essere un riflesso della bellezza di Dio; ci fa credere di somigliare a lui, menzognero principe della morte, e sai che allegria scoprirsi ogni giorno con il profilo di Caronte che traghetta le ore all'inferno... Chi cade in questa trappola di satana ha gettato se stesso e la sua vita nel fallimento, ovvero nel peccato, che sappiamo essere proprio il fallimento dell'obiettivo della nostra vita, nelle piccole come nelle grandi cose. Siamo stati creati per esultare nello Spirito Santo, nella Vita di Dio che è stata infusa nella nostra carne plasmata con la polvere del suolo. Se satana riesce a farci buttar fuori l'Ospite dolce dell'anima, ha vinto, consegnandoci alla frustrazione della sconfitta, porta spalancata sul suicidio. Per questo, ogni istante vissuto senza esultare, senza cioè respirare a pieni polmoni l'ossigeno di Dio, è un istante buttato nella pattumiera; ogni pensiero, parola e gesto che non è stato fecondato dal soffio della vita divina e in esso non si muove è roba corrotta, avvelenata dal serpente e morsa dallo scorpione. Quante vite buttate così. Quanti giovani spalmano le loro ore tra noia e insoddisfazione, cercando nell'alcool, nella droga e nel sesso l'alito di vita che faccia impennare l'esistenza. Forse anche tu, da tempo hai disprezzato te stesso e rinchiuso la tua vita nell'anestesia della disperazione, e ora ti accontenti di non soffrire troppo, e passi le ore cercando di schivare la responsabilità e i rischi che suppongono l'amore, che è il Nome di Dio fatto carne nel Figlio e gioia nello Spirito Santo. Esulta, infatti, solo chi, amato da Dio, ama in Lui. Vive in pienezza raggiungendo il "target" di ogni esistenza consegnata da Dio solo chi, unito a Cristo, ama sino a morire per l'altro, cammino certo alla gioia di chi sperimenta il passaggio alla risurrezione. Sì fratelli, perché la gioia autentica per la quale siamo stati creati, e ricreati dopo averla disprezzata con il peccato, è quella dei discepoli che hanno visto "i loro nomi scritti in Cielo". Quando? Quando Cristo risorto è apparso loro mostrando le sue piaghe gloriose, e il vangelo annota che i discepoli gioirono immensamente. Quando cioè hanno visto nella carne di Gesù la prova del perdono che smentiva la menzogna del demonio. Quando, finalmente umiliati nella verità, "piccoli", "infanti" secondo l'originale, ovvero senza parole di fronte alla Croce, Gesù ha rivelato il vero volto del Padre nel suo che li accoglieva e amava così come erano. L'esultanza di Gesù planava nei loro cuori dal Cielo dove aveva scritto con il suo sangue i nomi di ciascuno. In quell'incontro sulla soglia che dischiudeva la loro piccolezza che li aveva indotti a tradire per paura sulla grandezza infinita dell'amore di Dio, gli apostoli avevano sperimentato la gioia autentica, quella che San Paolo comandava con uno strano imperativo aoristo (continuato) ai fratelli della comunità di Filippi. Si può comandare un sentimento? No di certo, ma la "gioia" a cui l'Apostolo invitava ad obbedire non è un sentimento, ma la forma autentica e fondamentale in cui un cristiano perdonato da Dio rivela al mondo il suo cuore rinnovato nell'amore. E' la felicità incontenibile di chi, come la Vergine Maria, sperimenta il potere del Nome di Cristo che scaraventa satana giù dal Cielo come folgore, perché risplenda in esso il suo "nome" insieme a quello dei suoi fratelli. Il nome nella Scrittura rappresenta la persona e tutto ciò che la costituisce, la sua storia, i suoi affetti, anche gli aspetti più piccoli. Gesù ha scritto con il suo sangue ogni istante della nostra esistenza sul Libro della vita: nel suo amore ogni peccato è trasformato in luce di misericordia, ogni momento buttato è riscattato, come ogni angoscia, tradimento, menzogna, cupidigia, concupiscenza; tutto di noi, ma proprio tutto, lavato nel sangue del Signore, splende già ora nel Cielo. Tutto di noi è registrato nel cuore di Dio, come nell'inventario delle sue cose più preziose, anche quello che stiamo vivendo ora e ci fa soffrire. Ed è così "perché il Padre ha deciso così", perché a Lui "è piaciuto" salvare ogni uomo attraverso i più piccoli, quelli che, dopo un lungo cammino di conversione, hanno scoperto come Giobbe di non aver capito e visto nulla. Gli "infanti" che, come lui, si mettono la mano sulla bocca e non parlano più, la smettono cioè con le parole banali del mondo, per lasciare spazio al silenzio della contemplazione del Figlio, del volto autentico di Dio che, insieme a tutti gli altri uomini, non avevano potuto vedere a causa dell'inganno satanico. Fratelli, Dio ha scelto noi, il peggio, perché non esista nessuno peggiore da scartare. E così, "piccoli" e senza parole sapienti e prudenti secondo gli uomini, con la sola parola della Croce siamo inviati nel mondo dove tutti vivono il dolore dell'esilio dalla propria patria. Il Nome di Cristo che ha vinto la morte nei nostri nomi scolpiti in Cielo ha il potere di precipitare satana dal cielo per dischiudere gli occhi di tuo marito, tua moglie, i tuoi figli, i colleghi, sul volto di Dio. Liberi da ogni ansia di successo perché consapevoli che la gioia autentica non nasce neanche dai miracoli dell'amore di Dio, "camminando su serpenti e scorpioni senza che questi ci possano danneggiare" portiamo l'aria del Paradiso che il demonio ha nascosto alla terra. Vittoriosi cioè sulla morte e il male che dominano il mondo, "contempliamo" il compimento del giorno del Messia "che Profeti e Re hanno desiderato ardentemente vedere", mentre attraverso la nostra "beatitudine" lo annunciamo a ogni uomo per riportarlo a casa con noi. L'esultanza, infatti, è la nostra missione! L'esultanza in mezzo alla valle di lacrime che è l'esistenza sulla terra segnata dal peccato e dal male. L'esultanza della "perfetta letizia" che aveva scoperto San Francesco: non la gioia per i miracoli, le prediche, le conversioni. La gioia perfetta che si sperimenta proprio nel dolore e nella persecuzione, nel rifiuto e nella calunnia, la gioia piena che scaturisce solo sulla Croce, dove il nostro nome fatto di terra è scritto in Cielo nel Nome che è disceso dal Cielo. Chi ha conosciuto il perdono dei peccati e l'amore che lo ha trasferito alla destra del Padre, esulta di gioia pura proprio nella sofferenza, e depone così nella sofferenza di ogni uomo la testimonianza della vittoria di Cristo, il martirio di un amore che supera le angosce della morte. E così, come Francesco, proprio mentre torniamo a casa dalla missione, il rifiuto e la persecuzione, la malattia e le sofferenze, ci faranno testimoni pieni di gioia del Cielo, perché anche i nomi di chi ci è accanto, compresi i nemici, siano scritti lassù, accanto ai nostri.
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