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Spazzatura spaziale

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Da quando il 4 ottobre del 1957 il primo satellite artificiale, lo Sputnik, fu messo in orbita, lo spazio intorno al nostro pianeta si è popolato di migliaia di oggetti per la navigazione, le comunicazioni, la difesa e il monitoraggio ambientale, ma anche di tanta spazzatura, migliaia di tonnellate di rottami, frammenti di pochi centimetri o grandi come autobus che vagano senza controllo sopra le nostre teste. Dall’era dello Sputnik sono stati messi in orbita circa 12000 satelliti, di questi, solo una piccola parte, più o meno il 15%, è ancora funzionante. Noi esseri umani siamo degli inquinatori seriali, ma adesso il problema è tale che, da una decina di anni, si è cominciato a correre ai ripari. Oggi lo spazio è essenziale per la tenuta della nostra società, lo è per la ricerca scientifica, per la difesa e la nostra sicurezza, e sempre di più per le possibilità di sfruttamento commerciale che offre anche per aziende private. Alla luce di questo, il problema di farsi largo fra tutti quei detriti ed evitare incidenti è diventato prioritario. L’Europa, con la sua agenzia spaziale (Esa), si sta facendo carico di questo problema, così come la Nasa, l’agenzia spaziale statunitense. Ma come si monitorano frammenti e detriti grandi pochi centimetri, evitando che finiscano come proiettili contro qualche satellite operativo a decine di migliaia di km all’ora? O come ci proteggiamo dalla caduta sulla Terra di pesanti rottami, come è già successo di recente? A Medicina, nei pressi di Bologna, si trova il grande radiotelescopio la Croce del Nord, dedicato proprio a questo tipo di attività; ai piedi di questa imponente antenna abbiamo incontrato Germano Bianchi, responsabile del radiotelescopio e presidente del comitato tecnico-operativo italiano per il monitoraggio dei detriti spaziali, nonché membro del Consorzio Europeo SST (Space Surveillance and Tracking). Insieme a lui, abbiamo intervistato Francesca Letizia, ingegnere presso l’Agenzia spaziale europea (ESA), dove si occupa proprio di detriti spaziali e della definizione delle strategie e dei protocolli per mitigare questo problema.

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Da quando il 4 ottobre del 1957 il primo satellite artificiale, lo Sputnik, fu messo in orbita, lo spazio intorno al nostro pianeta si è popolato di migliaia di oggetti per la navigazione, le comunicazioni, la difesa e il monitoraggio ambientale, ma anche di tanta spazzatura, migliaia di tonnellate di rottami, frammenti di pochi centimetri o grandi come autobus che vagano senza controllo sopra le nostre teste. Dall’era dello Sputnik sono stati messi in orbita circa 12000 satelliti, di questi, solo una piccola parte, più o meno il 15%, è ancora funzionante. Noi esseri umani siamo degli inquinatori seriali, ma adesso il problema è tale che, da una decina di anni, si è cominciato a correre ai ripari. Oggi lo spazio è essenziale per la tenuta della nostra società, lo è per la ricerca scientifica, per la difesa e la nostra sicurezza, e sempre di più per le possibilità di sfruttamento commerciale che offre anche per aziende private. Alla luce di questo, il problema di farsi largo fra tutti quei detriti ed evitare incidenti è diventato prioritario. L’Europa, con la sua agenzia spaziale (Esa), si sta facendo carico di questo problema, così come la Nasa, l’agenzia spaziale statunitense. Ma come si monitorano frammenti e detriti grandi pochi centimetri, evitando che finiscano come proiettili contro qualche satellite operativo a decine di migliaia di km all’ora? O come ci proteggiamo dalla caduta sulla Terra di pesanti rottami, come è già successo di recente? A Medicina, nei pressi di Bologna, si trova il grande radiotelescopio la Croce del Nord, dedicato proprio a questo tipo di attività; ai piedi di questa imponente antenna abbiamo incontrato Germano Bianchi, responsabile del radiotelescopio e presidente del comitato tecnico-operativo italiano per il monitoraggio dei detriti spaziali, nonché membro del Consorzio Europeo SST (Space Surveillance and Tracking). Insieme a lui, abbiamo intervistato Francesca Letizia, ingegnere presso l’Agenzia spaziale europea (ESA), dove si occupa proprio di detriti spaziali e della definizione delle strategie e dei protocolli per mitigare questo problema.

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