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J-TACTICS - I Basilischi (S04 E13)

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Il titolo della tredicesima puntata della quarta stagione di J-TACTICS, trae spunto da​
“I Basilischi” che è un film del 1963 diretto da Lina Wertmüller.
Interpretato da un giovane Stefano Satta Flores, impegnato in una delle sue prime apparizioni cinematografiche.
Francesco, Sergio e Antonio sono tre giovani privilegiati che vivono in un tipico paesino di provincia, Minervino Murge, situato tra la Puglia e la Basilicata: il film è il ritratto della loro vita, ormai troppo intrisa di apatia e provincialismo, per poter far loro desiderare davvero di spiccare il volo verso mete più stimolanti.
Infatti, quando un giorno la zia di Antonio, svogliato studente universitario, gli offrirà di andare ad abitare da lei a Roma trasferendo l’iscrizione dall’Università di Bari a quella della capitale, dopo poco tempo egli rinuncerà e farà ritorno al paese, incapace di abbandonare pregiudizi, luoghi comuni e rituali della provincia natia, ormai irreversibilmente radicati nel suo essere.
Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare l’ennesima prova sconcertante della Juventus.
Dopo la rovinosa e deleteria sconfitta con l’Atalanta, diretta concorrente per un posto in Champions League, e i timidi ma incoraggianti segni di ripresa, con le vittorie contro Salernitana e Genoa, i bianconeri ripiombano nuovamente in una prova scialba e senza nerbo dove dopo un primo tempo di buon livello, si spengono inesorabilmente subendo un pareggio che pareva essere nell’aria già dall’inizio della seconda frazione di gioco.
Proprio come i ragazzi protagonisti della pellicola da cui trae spunto l’odierna puntata di J-TACTICS, i giocatori bianconeri si dimostrano apatici, molli, privi di attributi e della necessaria forza e volontà per vincere la partita e proseguire la rincorsa ad un vitale posto in Champions League.
Per l’ennesima volta, nel momento in cui la fame e l’ambizione diventano elementi necessari gli uomini di Allegri si sciolgono come neve al sole palesando ciò che oramai pare essere noto a tutti, la Juve di quest’anno (o meglio dell’ultimo biennio) non è squadra (citando Chiellini), bensì un gruppo mal assemblato e amalgamato in cui a parte qualche rara eccezione mancano i leader, coloro che hanno ambizione, carattere e voglia di primeggiare.
In una parola molti di questi ragazzi: non sono all’altezza della gloriosa maglia bianconera, e senza giri di parole mancano delle cd. palle.
La piccolissima provincia come riparo dal mondo e dalle responsabilità, rifugio per giovani cresciuti nell’accidia senza lo straccio di un ideale o di un obiettivo che non sia quello di una decorosa sopravvivenza.
Ecco questi stessi concetti validi per Francesco, Sergio e Antonio, i tre giovani protagonisti del film della Wertmüller sono perfettamente calzanti con molti dei ragazzi che compongono la rosa della Juventus.
Acque agitate (e non sono quelle della splendida laguna) in casa bianconera dopo lo striminzito pareggio di Venezia.
Volano gli stracci soprattutto tra gran parte dei tifosi e i propri beniamini, nessuno escluso.
C’è chi critica Allegri per aver schierato incautamente Dybala, che a quanto emerso dalle dichiarazioni del tecnico nel post partita, non era (tanto per cambiare) in perfette condizioni.
Non esente da critiche è lo stesso ragazzo argentino, affetto da una fragilità muscolare che si ripropone ciclicamente.
Questione non secondaria riguarda la Joya.
Alla luce di tutti questi problemi fisici è lecito chiedersi, come si fa a impostare il progetto su un campione tanto fragile?
A questo punto, con la crisi economica e il deficit di bilancio, ci sarebbe da riflettere seriamente sul rinnovo di Dybala soprattutto alle cifre richieste da lui e dal suo procuratore.
Dopo la trasferta nella ex serenissima repubblica però, nel calderone delle critiche c’è finito pure Nedved per le dichiarazioni prima della partita: “Se i nostri giocatori avessero fatto i numeri che normalmente fanno, saremmo contenti e avremo un po’ più di possibilità di attaccare il primo posto”, le parole del vice presidente bianconero.
Con tutto l’amore che si può provare per Pavel soprattutto in virtù dei suoi gloriosi trascorsi in campo e per il suo innegabile attaccamento ai nostri colori, è bene comunque ricordare alla “furia ceca” alcune incongruenze con le sue parole.
Prima di parlare in maniera incosciente di ambizioni scudetto e di rosa difficilmente migliorabile sarebbe bene che il vice presidente bianconero si rendesse conto dei deficit strutturali (per non parlare di quelli caratteriali) di una squadra che ha un terzino sinistro non proponibile da un paio d’anni come Alex Sandro, un centrocampo che a parte Locatelli fa acqua da tutte le parti e un portiere che alterna momenti positivi a partite dove para ogni tanto, per non parlare di un reparto d’attacco asfittico che fatica a mettere a segno anche un solo gol, composto dai vari Morata e Kean che allo stato attuale non segnano letteralmente neanche con le mani e da un Dybala discontinuo e perennemente afflitto da problemi fisici e di tenuta mentale.
Da buon dirigente e innamorato della Juve è giusto difendere giocatori e gruppo, tuttavia non è falso ammettere che in svariate, troppe occasioni ivi compresa la trasferta a Venezia si sia assistito ad errori clamorosi di impostazione e totale mancanza di idee, dimostrando ampiamente che ci sono tanti, troppi calciatori non da Juve.
Altrettanto giusto difendere il proprio lavoro, ma a queste parole di Nedved non possiamo e vogliamo credere.
Non provare a rinforzare la rosa facendo acquisti mirati a gennaio sarebbe un errore molto grande, al limite dell’incoscienza o dell’autolesionismo.
Tutto ciò per evitare di finire nella “comoda” mediocrità dei Basilischi descritti dalla compianta Lina Wertmüller.
Sarà nostro gradito ospite l’amico Stefano Salandin, stimato giornalista e penna storica del quotidiano TUTTOSPORT.
Diteci la vostra, interagiremo con voi in chat live! ​ ​
Ecco i link dei nostri social:
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“I Basilischi” che è un film del 1963 diretto da Lina Wertmüller.
Interpretato da un giovane Stefano Satta Flores, impegnato in una delle sue prime apparizioni cinematografiche.
Francesco, Sergio e Antonio sono tre giovani privilegiati che vivono in un tipico paesino di provincia, Minervino Murge, situato tra la Puglia e la Basilicata: il film è il ritratto della loro vita, ormai troppo intrisa di apatia e provincialismo, per poter far loro desiderare davvero di spiccare il volo verso mete più stimolanti.
Infatti, quando un giorno la zia di Antonio, svogliato studente universitario, gli offrirà di andare ad abitare da lei a Roma trasferendo l’iscrizione dall’Università di Bari a quella della capitale, dopo poco tempo egli rinuncerà e farà ritorno al paese, incapace di abbandonare pregiudizi, luoghi comuni e rituali della provincia natia, ormai irreversibilmente radicati nel suo essere.
Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare l’ennesima prova sconcertante della Juventus.
Dopo la rovinosa e deleteria sconfitta con l’Atalanta, diretta concorrente per un posto in Champions League, e i timidi ma incoraggianti segni di ripresa, con le vittorie contro Salernitana e Genoa, i bianconeri ripiombano nuovamente in una prova scialba e senza nerbo dove dopo un primo tempo di buon livello, si spengono inesorabilmente subendo un pareggio che pareva essere nell’aria già dall’inizio della seconda frazione di gioco.
Proprio come i ragazzi protagonisti della pellicola da cui trae spunto l’odierna puntata di J-TACTICS, i giocatori bianconeri si dimostrano apatici, molli, privi di attributi e della necessaria forza e volontà per vincere la partita e proseguire la rincorsa ad un vitale posto in Champions League.
Per l’ennesima volta, nel momento in cui la fame e l’ambizione diventano elementi necessari gli uomini di Allegri si sciolgono come neve al sole palesando ciò che oramai pare essere noto a tutti, la Juve di quest’anno (o meglio dell’ultimo biennio) non è squadra (citando Chiellini), bensì un gruppo mal assemblato e amalgamato in cui a parte qualche rara eccezione mancano i leader, coloro che hanno ambizione, carattere e voglia di primeggiare.
In una parola molti di questi ragazzi: non sono all’altezza della gloriosa maglia bianconera, e senza giri di parole mancano delle cd. palle.
La piccolissima provincia come riparo dal mondo e dalle responsabilità, rifugio per giovani cresciuti nell’accidia senza lo straccio di un ideale o di un obiettivo che non sia quello di una decorosa sopravvivenza.
Ecco questi stessi concetti validi per Francesco, Sergio e Antonio, i tre giovani protagonisti del film della Wertmüller sono perfettamente calzanti con molti dei ragazzi che compongono la rosa della Juventus.
Acque agitate (e non sono quelle della splendida laguna) in casa bianconera dopo lo striminzito pareggio di Venezia.
Volano gli stracci soprattutto tra gran parte dei tifosi e i propri beniamini, nessuno escluso.
C’è chi critica Allegri per aver schierato incautamente Dybala, che a quanto emerso dalle dichiarazioni del tecnico nel post partita, non era (tanto per cambiare) in perfette condizioni.
Non esente da critiche è lo stesso ragazzo argentino, affetto da una fragilità muscolare che si ripropone ciclicamente.
Questione non secondaria riguarda la Joya.
Alla luce di tutti questi problemi fisici è lecito chiedersi, come si fa a impostare il progetto su un campione tanto fragile?
A questo punto, con la crisi economica e il deficit di bilancio, ci sarebbe da riflettere seriamente sul rinnovo di Dybala soprattutto alle cifre richieste da lui e dal suo procuratore.
Dopo la trasferta nella ex serenissima repubblica però, nel calderone delle critiche c’è finito pure Nedved per le dichiarazioni prima della partita: “Se i nostri giocatori avessero fatto i numeri che normalmente fanno, saremmo contenti e avremo un po’ più di possibilità di attaccare il primo posto”, le parole del vice presidente bianconero.
Con tutto l’amore che si può provare per Pavel soprattutto in virtù dei suoi gloriosi trascorsi in campo e per il suo innegabile attaccamento ai nostri colori, è bene comunque ricordare alla “furia ceca” alcune incongruenze con le sue parole.
Prima di parlare in maniera incosciente di ambizioni scudetto e di rosa difficilmente migliorabile sarebbe bene che il vice presidente bianconero si rendesse conto dei deficit strutturali (per non parlare di quelli caratteriali) di una squadra che ha un terzino sinistro non proponibile da un paio d’anni come Alex Sandro, un centrocampo che a parte Locatelli fa acqua da tutte le parti e un portiere che alterna momenti positivi a partite dove para ogni tanto, per non parlare di un reparto d’attacco asfittico che fatica a mettere a segno anche un solo gol, composto dai vari Morata e Kean che allo stato attuale non segnano letteralmente neanche con le mani e da un Dybala discontinuo e perennemente afflitto da problemi fisici e di tenuta mentale.
Da buon dirigente e innamorato della Juve è giusto difendere giocatori e gruppo, tuttavia non è falso ammettere che in svariate, troppe occasioni ivi compresa la trasferta a Venezia si sia assistito ad errori clamorosi di impostazione e totale mancanza di idee, dimostrando ampiamente che ci sono tanti, troppi calciatori non da Juve.
Altrettanto giusto difendere il proprio lavoro, ma a queste parole di Nedved non possiamo e vogliamo credere.
Non provare a rinforzare la rosa facendo acquisti mirati a gennaio sarebbe un errore molto grande, al limite dell’incoscienza o dell’autolesionismo.
Tutto ciò per evitare di finire nella “comoda” mediocrità dei Basilischi descritti dalla compianta Lina Wertmüller.
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