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J-TACTICS - I piccoli maestri (S03 E21)

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Il titolo della ventunesima puntata della terza stagione di J-TACTICS, trae spunto da:​​ "I piccoli maestri", che è un film del 1997 diretto da Daniele Luchetti e tratto dall’omonimo romanzo di Luigi Meneghello.
Nell’autunno del 1943 alcuni amici, studenti universitari vicentini, decidono a loro modo di opporsi all’invasione nazista dell’Italia e partono con la voglia di unirsi ad altri gruppi di partigiani.
Ben presto però i ragazzi si accorgono di essere tanto bravi sui libri quanto poco bravi a fare la guerra.
Vagano dapprima tra i villaggi, e in seguito si spostano tra i boschi e le montagne.
Si accorgeranno presto della difficoltà dell’impresa, infatti ogni decisione da prendere, ogni cosa da fare si trasforma in una discussione e le difficoltà sono tante.
Nessuno dei ragazzi se la sente o vuole veramente uccidere e si accorgono presto che quella che inizialmente era stata intrapresa come un’avventura idealistica e forse sottovalutata si è trasformata in cruda e pericolosa realtà.
Al primo rastrellamento serio dei nazisti, il gruppo si divide, con l’inverno si fanno sentire gli stenti.
Molti dubbi attanagliano il gruppo, si discute di quali azioni sia meglio intraprendere, alcuni di loro decidono di andare a Padova e di continuare la loro lotta in città mentre il resto del gruppo preferisce rimanere in montagna.
Pochi giorni dopo il Comitato Partigiano decide di tentare la conquista di Padova; accorrono in città tutte le bande partigiane dei dintorni tra cui quella protagonista del film che in parte era restata sulle montagne.
La battaglia vede i partigiani avere la meglio sui nazisti, cosicché la città verrà liberata.
Il film si chiude con due dei protagonisti che riflettono amaramente sull’irripetibilità di quella loro stagione così intensa e piena di gioia e sofferenze.
Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare la prova degli uomini di mister Pirlo sabato nel posticipo serale contro i gialloblù del Verona.
Un passo falso, il pareggio contro il Verona, che complica di molto la rincorsa della Juventus ai primi due posti della classifica, sia in termini numerici, sia in termini di motivazioni e occasioni perse.
Il match del Bentegodi, dopo già alcuni passi falsi recenti come la sconfitta in casa del Porto, non fa altro che evidenziare i problemi cronici della Juventus nell’arco di questa stagione: poca continuità, poca cattiveria e poche soluzioni offensive.
Quello contro i gialloblù è il settimo pareggio in questa stagione di Serie A, ovviamente troppi per una squadra abituata a dettare legge senza appello, in conferenza stampa, Andrea Pirlo ha parlato in questi termini della lotta al titolo:
“Ai giocatori dico che noi ce la possiamo fare, dobbiamo pensare partita dopo partita. Sappiamo che non possiamo più sbagliare, dobbiamo arrivare al rush finale per giocare gli scontri diretti”.
Ma i numeri raccontano, dopo 24 giornate di Serie A, della peggiore Juventus dalla stagione 2011/2012, e che Andrea Pirlo non è riuscito a trovare la quadratura del cerchio con i giocatori a sua disposizione.
Complice anche qualche infortunio di troppo nelle zone importanti del campo, come ad esempio le assenze di Morata e Dybala in attacco, o la mancanza di Arthur a centrocampo, con nessuno in grado di sostituire per qualità tecniche l’ex giocatore del Barcellona.
La difesa, a cavallo della doppia sfida di Coppa Italia contro l’Inter, sembrava essere nuovamente quella vista con Allegri e Conte, ma gli stop di Bonucci e Chiellini hanno scoperto nuovamente alcuni problemi di tenuta, soprattutto nel comandare le partite dopo essere passata in vantaggio.
Per non parlare della dipendenza da Cristiano Ronaldo, palese come in nessuno degli altri anni, o segna il portoghese o non lo fa nessuno.
Ma Andrea Pirlo ha bisogno di trovare al più presto nuove soluzioni, un modo di giocare chiaro e univoco per questa Juventus e soprattutto tutti i giocatori attualmente infortunati, a partire da Paulo Dybala che sta mancando come il pane al fianco di Cristiano Ronaldo.
Intanto la classifica parla di sette punti di svantaggio sull’Inter.
La Juventus deve sempre recuperare però la partita con il Napoli, che rappresenta tuttavia un impegno molto complicato, per altro in un calendario totalmente intasato, dove la Vecchia Signora gioca ogni tre giorni, al contrario ad esempio dei nerazzurri.
Secondo il mister la Juve al Bentegodi era carente di elementi come esperienza e personalità ed è stata propria questa carenza a determinare il risultato negativo.
“Mancavano giocatori di esperienza, c’erano tanti giovani e quindi pochi che si facevano sentire e capivano il momento della partita. Infatti ho chiesto a Cristiano e ad Alex di farsi sentire, però purtroppo ce n’erano troppo pochi”, le parole di Andrea a fine partita.
Affermazione che lascia quanto meno perplessi, perché la Juventus sabato sera surclassava il Verona non soltanto in termini di valore della rosa ma soprattutto di esperienza, maturità e abitudine a impegni ad alto livello.
Volendo essere precisi, sul piano dell’esperienza pura l’unico confronto sbilanciato a favore del Verona è stato quello tra i due allenatori, visto che Juric è al settimo campionato in panchina e Pirlo invece solo al primo.
Dopo tutto, il maestro ha scelto consapevolmente di non fidarsi dei giovani che ha portato con sé per colmare le assenze che hanno decimato la rosa della prima squadra.
Da qualche tempo ha accantonato anche Frabotta, che pure sembrava in crescita.
Stessa sorte per Fagioli, che aveva esordito in serie A qualche giorno prima contro il Crotone, nonostante il mister l’avesse riempito di elogi, ma cui però non si è sentito di dare fiducia. All’elenco potremmo aggiungere Dragusin, probabilmente il più promettente di tutti, già impiegato come terzino destro in Coppa Italia ma trascurato al Bentegodi, dove avrebbe potuto ricoprire lo stesso ruolo.
Ed infine panchina anche per il francese Aké, 18 apparizioni in Ligue1 con il Marsiglia, non proprio un novellino insomma.
Per ora, però, Pirlo i giovani preferisce impiegarli in partite di poco conto, lo ha fatto in Coppa Italia contro Genoa e Spal, oppure, come nel caso di Fagioli, in campionato ma solo a risultato già acquisito, mentre all’estero anche per le big è ormai la norma affidarsi a elementi del 2000, se non addirittura più giovani, senza spaventarsi per la loro giovinezza o magari presunta inesperienza.
Un Pirlo confuso a livello tattico, secondo i suoi detrattori, confusionario e contraddittorio nella gestione della rosa.
Legittimamente ci chiediamo allora, è la Juve che è carente della necessaria esperienza in certi frangenti così come sostenuto dal suo tecnico o è forse l’ex centrocampista bianconero ad essere carente dell’esperienza necessaria per potersi legittimamente sedere sulla panchina più blasonata d’Italia?
Pirlo può essere paragonato ai “giovani maestri” protagonisti della pellicola da cui trae spunto l’odierna puntata di J-TACTICS, i quali intraprendono la guerra come un’avventura idealistica forse sottovalutandola, la quale però ben presto si è trasformata in cruda e pericolosa realtà?
Sarà nostro gradito ospite l’amico Giovanni Albanese, stimato ed apprezzato giornalista per SportItalia e Juventusnews24.com..
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Nell’autunno del 1943 alcuni amici, studenti universitari vicentini, decidono a loro modo di opporsi all’invasione nazista dell’Italia e partono con la voglia di unirsi ad altri gruppi di partigiani.
Ben presto però i ragazzi si accorgono di essere tanto bravi sui libri quanto poco bravi a fare la guerra.
Vagano dapprima tra i villaggi, e in seguito si spostano tra i boschi e le montagne.
Si accorgeranno presto della difficoltà dell’impresa, infatti ogni decisione da prendere, ogni cosa da fare si trasforma in una discussione e le difficoltà sono tante.
Nessuno dei ragazzi se la sente o vuole veramente uccidere e si accorgono presto che quella che inizialmente era stata intrapresa come un’avventura idealistica e forse sottovalutata si è trasformata in cruda e pericolosa realtà.
Al primo rastrellamento serio dei nazisti, il gruppo si divide, con l’inverno si fanno sentire gli stenti.
Molti dubbi attanagliano il gruppo, si discute di quali azioni sia meglio intraprendere, alcuni di loro decidono di andare a Padova e di continuare la loro lotta in città mentre il resto del gruppo preferisce rimanere in montagna.
Pochi giorni dopo il Comitato Partigiano decide di tentare la conquista di Padova; accorrono in città tutte le bande partigiane dei dintorni tra cui quella protagonista del film che in parte era restata sulle montagne.
La battaglia vede i partigiani avere la meglio sui nazisti, cosicché la città verrà liberata.
Il film si chiude con due dei protagonisti che riflettono amaramente sull’irripetibilità di quella loro stagione così intensa e piena di gioia e sofferenze.
Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare la prova degli uomini di mister Pirlo sabato nel posticipo serale contro i gialloblù del Verona.
Un passo falso, il pareggio contro il Verona, che complica di molto la rincorsa della Juventus ai primi due posti della classifica, sia in termini numerici, sia in termini di motivazioni e occasioni perse.
Il match del Bentegodi, dopo già alcuni passi falsi recenti come la sconfitta in casa del Porto, non fa altro che evidenziare i problemi cronici della Juventus nell’arco di questa stagione: poca continuità, poca cattiveria e poche soluzioni offensive.
Quello contro i gialloblù è il settimo pareggio in questa stagione di Serie A, ovviamente troppi per una squadra abituata a dettare legge senza appello, in conferenza stampa, Andrea Pirlo ha parlato in questi termini della lotta al titolo:
“Ai giocatori dico che noi ce la possiamo fare, dobbiamo pensare partita dopo partita. Sappiamo che non possiamo più sbagliare, dobbiamo arrivare al rush finale per giocare gli scontri diretti”.
Ma i numeri raccontano, dopo 24 giornate di Serie A, della peggiore Juventus dalla stagione 2011/2012, e che Andrea Pirlo non è riuscito a trovare la quadratura del cerchio con i giocatori a sua disposizione.
Complice anche qualche infortunio di troppo nelle zone importanti del campo, come ad esempio le assenze di Morata e Dybala in attacco, o la mancanza di Arthur a centrocampo, con nessuno in grado di sostituire per qualità tecniche l’ex giocatore del Barcellona.
La difesa, a cavallo della doppia sfida di Coppa Italia contro l’Inter, sembrava essere nuovamente quella vista con Allegri e Conte, ma gli stop di Bonucci e Chiellini hanno scoperto nuovamente alcuni problemi di tenuta, soprattutto nel comandare le partite dopo essere passata in vantaggio.
Per non parlare della dipendenza da Cristiano Ronaldo, palese come in nessuno degli altri anni, o segna il portoghese o non lo fa nessuno.
Ma Andrea Pirlo ha bisogno di trovare al più presto nuove soluzioni, un modo di giocare chiaro e univoco per questa Juventus e soprattutto tutti i giocatori attualmente infortunati, a partire da Paulo Dybala che sta mancando come il pane al fianco di Cristiano Ronaldo.
Intanto la classifica parla di sette punti di svantaggio sull’Inter.
La Juventus deve sempre recuperare però la partita con il Napoli, che rappresenta tuttavia un impegno molto complicato, per altro in un calendario totalmente intasato, dove la Vecchia Signora gioca ogni tre giorni, al contrario ad esempio dei nerazzurri.
Secondo il mister la Juve al Bentegodi era carente di elementi come esperienza e personalità ed è stata propria questa carenza a determinare il risultato negativo.
“Mancavano giocatori di esperienza, c’erano tanti giovani e quindi pochi che si facevano sentire e capivano il momento della partita. Infatti ho chiesto a Cristiano e ad Alex di farsi sentire, però purtroppo ce n’erano troppo pochi”, le parole di Andrea a fine partita.
Affermazione che lascia quanto meno perplessi, perché la Juventus sabato sera surclassava il Verona non soltanto in termini di valore della rosa ma soprattutto di esperienza, maturità e abitudine a impegni ad alto livello.
Volendo essere precisi, sul piano dell’esperienza pura l’unico confronto sbilanciato a favore del Verona è stato quello tra i due allenatori, visto che Juric è al settimo campionato in panchina e Pirlo invece solo al primo.
Dopo tutto, il maestro ha scelto consapevolmente di non fidarsi dei giovani che ha portato con sé per colmare le assenze che hanno decimato la rosa della prima squadra.
Da qualche tempo ha accantonato anche Frabotta, che pure sembrava in crescita.
Stessa sorte per Fagioli, che aveva esordito in serie A qualche giorno prima contro il Crotone, nonostante il mister l’avesse riempito di elogi, ma cui però non si è sentito di dare fiducia. All’elenco potremmo aggiungere Dragusin, probabilmente il più promettente di tutti, già impiegato come terzino destro in Coppa Italia ma trascurato al Bentegodi, dove avrebbe potuto ricoprire lo stesso ruolo.
Ed infine panchina anche per il francese Aké, 18 apparizioni in Ligue1 con il Marsiglia, non proprio un novellino insomma.
Per ora, però, Pirlo i giovani preferisce impiegarli in partite di poco conto, lo ha fatto in Coppa Italia contro Genoa e Spal, oppure, come nel caso di Fagioli, in campionato ma solo a risultato già acquisito, mentre all’estero anche per le big è ormai la norma affidarsi a elementi del 2000, se non addirittura più giovani, senza spaventarsi per la loro giovinezza o magari presunta inesperienza.
Un Pirlo confuso a livello tattico, secondo i suoi detrattori, confusionario e contraddittorio nella gestione della rosa.
Legittimamente ci chiediamo allora, è la Juve che è carente della necessaria esperienza in certi frangenti così come sostenuto dal suo tecnico o è forse l’ex centrocampista bianconero ad essere carente dell’esperienza necessaria per potersi legittimamente sedere sulla panchina più blasonata d’Italia?
Pirlo può essere paragonato ai “giovani maestri” protagonisti della pellicola da cui trae spunto l’odierna puntata di J-TACTICS, i quali intraprendono la guerra come un’avventura idealistica forse sottovalutandola, la quale però ben presto si è trasformata in cruda e pericolosa realtà?
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