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IO C'ERO...2° CAPITOLO - 1939

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2° capitolo - 1939

NINNA NANNA

Esordisco nell’anno con uno sfogo cutaneo sul viso detto lattime o crosta lattea, che normalmente scompare da solo e che invece su di me persiste più del dovuto. Soltanto dopo che la mia mamma mi porta al mare e mi sottopone ad abluzioni, con l’acqua di mare, comincio a guarire.

Questo lo so perché ho delle foto che lo documentano: in una si vede benissimo la mia faccia piena di piaghe e in un’altra di qualche giorno dopo la faccia tutta liscia.

In estate percorro i miei primi passi e tento di dire “mamma - papà - tata”… per il resto, ogni tanto colpetti di tosse, qualche linea di febbre, un po’ di capricci e quindi null’altro di diverso dagli altri bambini della mia età.

So che mamma per farmi addormentare mi cantava una ninna nanna dolcissima.

Ovviamente me lo ha detto lei quando, più grande, imbastiva i racconti sulla mia infanzia. Ed io allora volevo che me la ricantasse, ogni volta commuovendomi.

“Ninnà, ninnà, ninnà bel bambolino, se dormi cucirò un camiciolino.

Lo cucirò col filo bianco e rosa, e in dono lo darò alla tua sposa…”

Mi piaceva talmente tanto che da grande, da questa ninna nanna, ho attinto l’ispirazione per scrivere… non ve lo dico… per comporre una canzone.

Un’altra cosa che mi diceva mia madre è che ero esageratamente pauroso, se uno mi faceva solo “buh” per gioco, cominciavo a piangere e a nascondermi. Mi racconta che ero soprattutto spaventato nel vedere una cosa grande all’improvviso, specialmente se era una cosa che non faceva parte del mio ambiente abituale. Questo problema me lo sono portato avanti col tempo e negli anni corrispondenti vi racconterò alcuni episodi che testimoniano questa fobia. Le mie paure sono sempre accompagnate da sensazioni particolari che spesso presagiscono un evento. Non ho mai approfondito la questione con uno psicologo, perché ho sempre cercato di analizzarrmi da solo.

Non so se ho fatto bene, ma ne riparleremo.

Un pomeriggio di novembre mi viene all’improvviso un febbrone. A casa papà non c’è e il nostro medico non risponde al telefono. Mamma, è disperata e non sa cosa fare. Istintivamente riempie la vasca da bagno di acqua fredda, mi spoglia e mi immerge completamente. La febbre comincia a calare. Il giorno dopo, quando finalmente viene a visitarmi, il dottore dice a mia madre che era la cosa più giusta che potesse fare ed è come se mi avesse dato la vita per la seconda volta.

E non solo questo. Un altro giorno sto giocando sul pavimento del soggiorno, che chiamavamo “il salotto”, al centro del quale era appeso un lampadario di vetro a foglie larghe. Mamma fa appena in tempo a chiamarmi per la merenda… che il lampadario si stacca dal soffitto e precipita in terra frantumandosi in mille pezzi.

Se sei in buoni rapporti con la fortuna, puoi campare anche cent’anni.

Continua…

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NINNA NANNA

Esordisco nell’anno con uno sfogo cutaneo sul viso detto lattime o crosta lattea, che normalmente scompare da solo e che invece su di me persiste più del dovuto. Soltanto dopo che la mia mamma mi porta al mare e mi sottopone ad abluzioni, con l’acqua di mare, comincio a guarire.

Questo lo so perché ho delle foto che lo documentano: in una si vede benissimo la mia faccia piena di piaghe e in un’altra di qualche giorno dopo la faccia tutta liscia.

In estate percorro i miei primi passi e tento di dire “mamma - papà - tata”… per il resto, ogni tanto colpetti di tosse, qualche linea di febbre, un po’ di capricci e quindi null’altro di diverso dagli altri bambini della mia età.

So che mamma per farmi addormentare mi cantava una ninna nanna dolcissima.

Ovviamente me lo ha detto lei quando, più grande, imbastiva i racconti sulla mia infanzia. Ed io allora volevo che me la ricantasse, ogni volta commuovendomi.

“Ninnà, ninnà, ninnà bel bambolino, se dormi cucirò un camiciolino.

Lo cucirò col filo bianco e rosa, e in dono lo darò alla tua sposa…”

Mi piaceva talmente tanto che da grande, da questa ninna nanna, ho attinto l’ispirazione per scrivere… non ve lo dico… per comporre una canzone.

Un’altra cosa che mi diceva mia madre è che ero esageratamente pauroso, se uno mi faceva solo “buh” per gioco, cominciavo a piangere e a nascondermi. Mi racconta che ero soprattutto spaventato nel vedere una cosa grande all’improvviso, specialmente se era una cosa che non faceva parte del mio ambiente abituale. Questo problema me lo sono portato avanti col tempo e negli anni corrispondenti vi racconterò alcuni episodi che testimoniano questa fobia. Le mie paure sono sempre accompagnate da sensazioni particolari che spesso presagiscono un evento. Non ho mai approfondito la questione con uno psicologo, perché ho sempre cercato di analizzarrmi da solo.

Non so se ho fatto bene, ma ne riparleremo.

Un pomeriggio di novembre mi viene all’improvviso un febbrone. A casa papà non c’è e il nostro medico non risponde al telefono. Mamma, è disperata e non sa cosa fare. Istintivamente riempie la vasca da bagno di acqua fredda, mi spoglia e mi immerge completamente. La febbre comincia a calare. Il giorno dopo, quando finalmente viene a visitarmi, il dottore dice a mia madre che era la cosa più giusta che potesse fare ed è come se mi avesse dato la vita per la seconda volta.

E non solo questo. Un altro giorno sto giocando sul pavimento del soggiorno, che chiamavamo “il salotto”, al centro del quale era appeso un lampadario di vetro a foglie larghe. Mamma fa appena in tempo a chiamarmi per la merenda… che il lampadario si stacca dal soffitto e precipita in terra frantumandosi in mille pezzi.

Se sei in buoni rapporti con la fortuna, puoi campare anche cent’anni.

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