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IO C'ERO...3° CAPITOLO - 1940

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I MIEI GENITORI

Ormai cammino spedito, comincio addirittura a formulare qualche frase di senso più o meno compiuto e cresco a vista d’occhio, naturalmente per chi ci vede benissimo. Sono un po’ schizzinoso nel mangiare e questo, purtroppo, me lo porterò avanti per tutta la vita.

Neanche di questo anno ho molto da raccontare, per cui approfitto per farvi conoscere i miei genitori.

Mio padre si chiama Alberto, veneziano, figlio unico, ma forse no, ne riparleremo nel 2019, è stato un apprezzato poeta futurista, pubblicato da Marinetti. È laureato in ingegneria chimica, ma, esclusi i primi due anni in cui ha lavorato alla Richard Ginori come chimico, non ha poi mai più praticato la sua vera professione.

E’ piccolino di statura e dicono che io gli somigli tanto, ma non solo per l’altezza.

Dopo aver lavorato alla Transadriatica e successivamente all’ARAR, di cui vi parlerò a tempo debito, è stato dirigente del Poligrafico dello Stato, fino all’età della pensione.

Ha l’hobby della montagna e ogni anno in agosto sparisce per un paio di settimane. Da pensionato si è dedicato alla Biblioteca del Club Alpino Italiano, che oggi porta il suo nome, ed è stato presidente del CAI fino ai suoi ultimi giorni.

Mia madre, Matilde, invece è pugliese di San Severo, casalinga, cuoca straordinaria, orecchiette e cavatelli a piovere, ma aveva sempre sognato di fare la cantante lirica, in realtà senza mai provarci seriamente. Ha una bella voce da soprano, squillante, con una risata contagiosa personalissima. Portarla a teatro a vedere una commedia brillante è gratificante per la compagnia: con le sue risate, assicura il successo dello spettacolo. Tutti ridono appresso a lei.

Con me, la sua bella voce la usa solamente per sgridarmi quando ne combino qualcuna.

Mamma soffre di una disfunzione alla ghiandola ipofisaria, per cui è obesa.

Ha trascorso la sua vita ad impegnarsi in diete dimagranti. Era sotto cura di due luminari della medicina di quei tempi, il prof. Nicola Pende e il prof. Cesare Frugoni, ma non riusciva a perdere un etto di peso, nemmeno digiunando. Il prof. Frugoni, fra i tanti tentativi, le propone di provare a portare avanti una nuova gravidanza. Lei lo fa, naturalmente con la partecipazione straordinaria di mio padre, ed io sono il risultato del suo esperimento. Neanche questo serve a nulla.

Si diverte a raccontarmi, ridendoci sopra, che dopo qualche tempo è tornata dal prof. Frugoni con me in braccio e consegnadomi a lui gli ha detto: “caro professore, adesso questo fagottello se lo tiene lei!”

Continua

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Neanche di questo anno ho molto da raccontare, per cui approfitto per farvi conoscere i miei genitori.

Mio padre si chiama Alberto, veneziano, figlio unico, ma forse no, ne riparleremo nel 2019, è stato un apprezzato poeta futurista, pubblicato da Marinetti. È laureato in ingegneria chimica, ma, esclusi i primi due anni in cui ha lavorato alla Richard Ginori come chimico, non ha poi mai più praticato la sua vera professione.

E’ piccolino di statura e dicono che io gli somigli tanto, ma non solo per l’altezza.

Dopo aver lavorato alla Transadriatica e successivamente all’ARAR, di cui vi parlerò a tempo debito, è stato dirigente del Poligrafico dello Stato, fino all’età della pensione.

Ha l’hobby della montagna e ogni anno in agosto sparisce per un paio di settimane. Da pensionato si è dedicato alla Biblioteca del Club Alpino Italiano, che oggi porta il suo nome, ed è stato presidente del CAI fino ai suoi ultimi giorni.

Mia madre, Matilde, invece è pugliese di San Severo, casalinga, cuoca straordinaria, orecchiette e cavatelli a piovere, ma aveva sempre sognato di fare la cantante lirica, in realtà senza mai provarci seriamente. Ha una bella voce da soprano, squillante, con una risata contagiosa personalissima. Portarla a teatro a vedere una commedia brillante è gratificante per la compagnia: con le sue risate, assicura il successo dello spettacolo. Tutti ridono appresso a lei.

Con me, la sua bella voce la usa solamente per sgridarmi quando ne combino qualcuna.

Mamma soffre di una disfunzione alla ghiandola ipofisaria, per cui è obesa.

Ha trascorso la sua vita ad impegnarsi in diete dimagranti. Era sotto cura di due luminari della medicina di quei tempi, il prof. Nicola Pende e il prof. Cesare Frugoni, ma non riusciva a perdere un etto di peso, nemmeno digiunando. Il prof. Frugoni, fra i tanti tentativi, le propone di provare a portare avanti una nuova gravidanza. Lei lo fa, naturalmente con la partecipazione straordinaria di mio padre, ed io sono il risultato del suo esperimento. Neanche questo serve a nulla.

Si diverte a raccontarmi, ridendoci sopra, che dopo qualche tempo è tornata dal prof. Frugoni con me in braccio e consegnadomi a lui gli ha detto: “caro professore, adesso questo fagottello se lo tiene lei!”

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