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M&M-Stagioni Passate

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Narrazione di Manuel Cavalieri sul racconto Stagioni Passate di Mirko Alberini.
Stagioni Passate.
Alcune volte la morte arriva di soppiatto, trascina i suoi piedi con un fruscio appena udibile, altre volte a ritmo di marcia posa le sue mani su una povera anima spaventata, ma che sia silenziosa o no, si fa sentire. Annuncia la sua venuta con squilli di tromba o soavi campanellini. Io l'ho sentita suonare grossi tamburi da guerra che andavano a un frenetico ritmo tribale.
Era un giorno d'estate, ricordo il caldo, l'afa e l'umidità. Davanti a me avevo il solito panorama: un grande campo erboso, un po' verde e un po' giallo, qualche albero a farmi compagnia e piccoli animaletti che correvano in cerca di cibo o di acqua.
Poi un tuono e un gran polverone.
I piccoli esseri viventi si misero al sicuro con una folle corsa e io rimasi lì cercando di capire. Dopo poco iniziò il dolore. Iniziò la fine.
Dicono che quando si sta per compiere il grande passo ci si ricordi dei momenti passati, ed è vero. A me è successo. Non so perché ma la prima cosa che ho ricordato è stato il mio tatuaggio, un cuore con due lettere all'interno. Ho ricordato il dolore di quando me l'hanno fatto. È strano come la mia mente sia andata esattamente a quell'istante. Non mi sembrava tanto importante, ma forse ciò che era importante non era tanto il tatuaggio ma ciò che simboleggiava. La nascita di un amore. Posso dire che ho una veneranda età e nella mia vita ho visto nascere e finire molti amori, ma nessuno era come quello. Era un giorno di primavera quando le tanto temute e attese parole furono pronunciate. Un "ti amo" che si è unito al vento e ai petali dei fiori e un "anche io" che con la leggera brezza e i profumi dolci della stagione ha creato un piccolo tornado di felicità. Erano parole sincere.
Quelle due persone ogni anno, sempre lo stesso giorno, si riparavano sotto le mie fronde e facevano un picnic. Mangiavano. Ridevano. Scherzavano. Si amavano.
Ma la felicità non può durare in eterno altrimenti non esisterebbe, si sa. Un anno arrivò solo lei con una mano bagnata dalle lacrime mi accarezzò il tatuaggio, poi si accovacciò tra le mie radici e pianse finché si addormentò. Mi faceva una tristezza tale che avrei voluto allungare un ramo per consolarla e invece piansi con lei anche se non poteva sentirmi.
Un altro tuono e altri tamburi.
La mia mente passò ai giorni d'autunno che a me tanto piacevano. Scoiattoli e conigli nascondevano il loro cibo dentro di me, una cassaforte a cui affidare la loro vita per l'inverno. Ogni autunno mi sentivo importante, quasi essenziale per quegli esseri e, nonostante io fossi ormai una quercia secolare, con quella responsabilità mi sentivo ancora più imponente del solito. Ora dove andranno quei piccoli animali? Ci sarà qualcuno che li proteggerà, come facevo io, dalla neve e dal gelo? Non voglio morire sapendo che lascerò quelle vite in balia degli eventi. Non voglio lasciare quel panorama in preda alla devastazione dell'uomo. Eppure non posso fare più niente. La mia luce si sta spegnendo e la mia mente sta crollando con il mio corpo e il boato che farò quando cadrò probabilmente segnerà la fine anche di qualche altra vita. Mi dispiace di non essere stato più forte. Abbiate cura di voi stessi. Addio.
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Alcune volte la morte arriva di soppiatto, trascina i suoi piedi con un fruscio appena udibile, altre volte a ritmo di marcia posa le sue mani su una povera anima spaventata, ma che sia silenziosa o no, si fa sentire. Annuncia la sua venuta con squilli di tromba o soavi campanellini. Io l'ho sentita suonare grossi tamburi da guerra che andavano a un frenetico ritmo tribale.
Era un giorno d'estate, ricordo il caldo, l'afa e l'umidità. Davanti a me avevo il solito panorama: un grande campo erboso, un po' verde e un po' giallo, qualche albero a farmi compagnia e piccoli animaletti che correvano in cerca di cibo o di acqua.
Poi un tuono e un gran polverone.
I piccoli esseri viventi si misero al sicuro con una folle corsa e io rimasi lì cercando di capire. Dopo poco iniziò il dolore. Iniziò la fine.
Dicono che quando si sta per compiere il grande passo ci si ricordi dei momenti passati, ed è vero. A me è successo. Non so perché ma la prima cosa che ho ricordato è stato il mio tatuaggio, un cuore con due lettere all'interno. Ho ricordato il dolore di quando me l'hanno fatto. È strano come la mia mente sia andata esattamente a quell'istante. Non mi sembrava tanto importante, ma forse ciò che era importante non era tanto il tatuaggio ma ciò che simboleggiava. La nascita di un amore. Posso dire che ho una veneranda età e nella mia vita ho visto nascere e finire molti amori, ma nessuno era come quello. Era un giorno di primavera quando le tanto temute e attese parole furono pronunciate. Un "ti amo" che si è unito al vento e ai petali dei fiori e un "anche io" che con la leggera brezza e i profumi dolci della stagione ha creato un piccolo tornado di felicità. Erano parole sincere.
Quelle due persone ogni anno, sempre lo stesso giorno, si riparavano sotto le mie fronde e facevano un picnic. Mangiavano. Ridevano. Scherzavano. Si amavano.
Ma la felicità non può durare in eterno altrimenti non esisterebbe, si sa. Un anno arrivò solo lei con una mano bagnata dalle lacrime mi accarezzò il tatuaggio, poi si accovacciò tra le mie radici e pianse finché si addormentò. Mi faceva una tristezza tale che avrei voluto allungare un ramo per consolarla e invece piansi con lei anche se non poteva sentirmi.
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La mia mente passò ai giorni d'autunno che a me tanto piacevano. Scoiattoli e conigli nascondevano il loro cibo dentro di me, una cassaforte a cui affidare la loro vita per l'inverno. Ogni autunno mi sentivo importante, quasi essenziale per quegli esseri e, nonostante io fossi ormai una quercia secolare, con quella responsabilità mi sentivo ancora più imponente del solito. Ora dove andranno quei piccoli animali? Ci sarà qualcuno che li proteggerà, come facevo io, dalla neve e dal gelo? Non voglio morire sapendo che lascerò quelle vite in balia degli eventi. Non voglio lasciare quel panorama in preda alla devastazione dell'uomo. Eppure non posso fare più niente. La mia luce si sta spegnendo e la mia mente sta crollando con il mio corpo e il boato che farò quando cadrò probabilmente segnerà la fine anche di qualche altra vita. Mi dispiace di non essere stato più forte. Abbiate cura di voi stessi. Addio.
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