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Donne fra stregoneria e santità

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Spesso il nostro podcast si è occupato di donne, questa volta non ci siamo soffermati su una o più figure particolarmente note, ma abbiamo fatto una puntata-riflessione sulla condizione femminile e sul suo rapporto fra santità e stregoneria.

Non occorre andare troppo indietro per tornare a tempi in cui le donne erano considerate “inferiori” (il delitto d’onore è stato abolito non tantissimi anni fa e la “fuitina,” ancora negli anni sessanta, era spesso un comodo modo per dire “stupro” senza pagarne il prezzo). Per molti secoli le donne sono state incatenate, imbavagliate, vendute, private di ogni diritto legale o civile che fosse (quando, a dire il vero, del “diritto” esisteva a mala pena la nozione); a una donna restavano poche scelte: o viveva la vita che la società aveva preparato per lei o, in un qualche modo, se ne tirava fuori. Due categorie hanno scelto di rompere, a modo loro, le barriere: le sante e le streghe.

Coloro che abbracciavano la via della santità si tiravano fuori da matrimonio e maternità, si autoesiliavano spesso dal mondo tentatore, si fustigavano per pagare il dazio del nostro peccato di nascita, si privavano del cibo per fare penitenza, ma in definitiva erano libere. Cambiavano catene imposte con altre che si erano scelte da sole e, in un mondo dove le donne non avevano scelta, era cosa non da poco. Spesso sotto l’occhio dell’Inquisizione (curiosamente furono più spesso le sante dei santi ad essere inquisite) vissero una vita dura, tribolata, spose di Nostro Signore Gesù Cristo, che avevano abbracciato liberamente e spesso contro il parere della famiglia.

Nel rovescio della medaglia troviamo le streghe, spesso donne nate con un marchio sociale imposto già alla nascita (una famiglia problematica, una qualche particolarità fisica…) e in contesti poveri, spesso lasciate sole a sbarcare il lunario, altrettanto spesso custodi di saperi antichi e, in definitiva, le figure perfette su cui poter posare gli occhi e pensare “è una strega”; e se tutti lo pensavano perché non esserlo? Perché non dare alle proprie fatiche, dolori, pericoli, sofferenze il sapore del potere derivante dall’essere una strega? Perché non essere colei che salva o maledice i raccolti e le greggi? Se proprio si doveva essere una outsider tanto valeva farlo secondo le proprie regole e convinzioni. Spesso ambasciatrici di un paganesimo che andava morendo, soffocato dal cattolicesimo, le streghe andarono incontro al rogo o alla ruota pur di vivere libere dalle catene della società. Anche loro scelsero catene diverse, ma proprie, con cui vivere la vita.

Che guarissero o uccidessero, che salvassero o dannassero, che vedessero il Cristo che mostrava loro ammiccante il costato o che credessero di far l’amore col Diavolo, che pensassero di volare o di levitare poco importa; furono, comunque, vittime di una società che di donne dotate di un minimo di indipendenza non ne voleva sapere. Sorelle nel loro martirio, vissero e morirono, se non altro, a modo loro.


Fonti bibliografiche:
  • “Sante medichesse e streghe nell’arco alpino; atti del Convegno Università Popolare Val Camonica-Sebino 24-25 aprile 1993”, a cura di Roberto Andrea Lorenzi, Praxis 3, 1994.
  • Massimo Prevideprato, “Le streghe del Tonale”, editrice S.Marco, 1976
  • “Ci chiamavano streghe – la caccia alle streghe nelle valli alpine e in Italia nei secoli XVI e XVII; atti del convegno ‘Incontri Tra/Montani’ edizione XVIII”, Edizioni Giuseppe Laterza, 2008.
Musiche di sottofondo utilizzate in questo episodio:
  • Una notte sul monte Calvo” di Modest Mussorgsky, interpretato dalla Skidmore College Orchestra diretta da Anthony Holland (brano in pubblico dominio);
  • Susan” di Vvsmusic, per la parte dei ringraziamenti (licenza creative commons);
  • Hyperfun” di Kevin MacLeod (incompetech.com) per le papere finali (licenza creative commons).
Immagine di copertina:

Depart pour le Sabbat” (1910), di Albert Joseph Pénot. Fonte: Wikimedia Commons.


Foto scattate durante la registrazione:
Registrazione dal vivo a Pejo (1 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (1 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (2 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (2 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (3 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (3 di 3)

Le foto sono di Alessandro Cabrini.

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Non occorre andare troppo indietro per tornare a tempi in cui le donne erano considerate “inferiori” (il delitto d’onore è stato abolito non tantissimi anni fa e la “fuitina,” ancora negli anni sessanta, era spesso un comodo modo per dire “stupro” senza pagarne il prezzo). Per molti secoli le donne sono state incatenate, imbavagliate, vendute, private di ogni diritto legale o civile che fosse (quando, a dire il vero, del “diritto” esisteva a mala pena la nozione); a una donna restavano poche scelte: o viveva la vita che la società aveva preparato per lei o, in un qualche modo, se ne tirava fuori. Due categorie hanno scelto di rompere, a modo loro, le barriere: le sante e le streghe.

Coloro che abbracciavano la via della santità si tiravano fuori da matrimonio e maternità, si autoesiliavano spesso dal mondo tentatore, si fustigavano per pagare il dazio del nostro peccato di nascita, si privavano del cibo per fare penitenza, ma in definitiva erano libere. Cambiavano catene imposte con altre che si erano scelte da sole e, in un mondo dove le donne non avevano scelta, era cosa non da poco. Spesso sotto l’occhio dell’Inquisizione (curiosamente furono più spesso le sante dei santi ad essere inquisite) vissero una vita dura, tribolata, spose di Nostro Signore Gesù Cristo, che avevano abbracciato liberamente e spesso contro il parere della famiglia.

Nel rovescio della medaglia troviamo le streghe, spesso donne nate con un marchio sociale imposto già alla nascita (una famiglia problematica, una qualche particolarità fisica…) e in contesti poveri, spesso lasciate sole a sbarcare il lunario, altrettanto spesso custodi di saperi antichi e, in definitiva, le figure perfette su cui poter posare gli occhi e pensare “è una strega”; e se tutti lo pensavano perché non esserlo? Perché non dare alle proprie fatiche, dolori, pericoli, sofferenze il sapore del potere derivante dall’essere una strega? Perché non essere colei che salva o maledice i raccolti e le greggi? Se proprio si doveva essere una outsider tanto valeva farlo secondo le proprie regole e convinzioni. Spesso ambasciatrici di un paganesimo che andava morendo, soffocato dal cattolicesimo, le streghe andarono incontro al rogo o alla ruota pur di vivere libere dalle catene della società. Anche loro scelsero catene diverse, ma proprie, con cui vivere la vita.

Che guarissero o uccidessero, che salvassero o dannassero, che vedessero il Cristo che mostrava loro ammiccante il costato o che credessero di far l’amore col Diavolo, che pensassero di volare o di levitare poco importa; furono, comunque, vittime di una società che di donne dotate di un minimo di indipendenza non ne voleva sapere. Sorelle nel loro martirio, vissero e morirono, se non altro, a modo loro.


Fonti bibliografiche:
  • “Sante medichesse e streghe nell’arco alpino; atti del Convegno Università Popolare Val Camonica-Sebino 24-25 aprile 1993”, a cura di Roberto Andrea Lorenzi, Praxis 3, 1994.
  • Massimo Prevideprato, “Le streghe del Tonale”, editrice S.Marco, 1976
  • “Ci chiamavano streghe – la caccia alle streghe nelle valli alpine e in Italia nei secoli XVI e XVII; atti del convegno ‘Incontri Tra/Montani’ edizione XVIII”, Edizioni Giuseppe Laterza, 2008.
Musiche di sottofondo utilizzate in questo episodio:
  • Una notte sul monte Calvo” di Modest Mussorgsky, interpretato dalla Skidmore College Orchestra diretta da Anthony Holland (brano in pubblico dominio);
  • Susan” di Vvsmusic, per la parte dei ringraziamenti (licenza creative commons);
  • Hyperfun” di Kevin MacLeod (incompetech.com) per le papere finali (licenza creative commons).
Immagine di copertina:

Depart pour le Sabbat” (1910), di Albert Joseph Pénot. Fonte: Wikimedia Commons.


Foto scattate durante la registrazione:
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