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Episode 6: Le vie delle Foto XI edizione - Intervista a Marco Pesola

11:19
 
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MARCO PESOLA: Marco Pesola è nato a Bari oltre sessant’anni fa e vive e lavora in questa città. Sin da giovane ha coltivato la passione per la fotografia che lo ha portato a ricevere numerosi riconoscimenti e premi a livello nazionale e locale ha realizzato numerose pubblicazioni minori. Ha esposto nel 2013 alla mostra "Le vie delle foto” a Trieste. Per quasi trent'anni è stato preside e dirigente scolastico nelle scuole secondarie statali e presidente della sezione barese dell’AEDE, Ass.Europeenne des Einsegnant. Attualmente è presidente dell'AIDO (Ass. Donazione Organi) di Bari, Operatore Tutela Ambientale del CAI Regione puglia.
DESERTI E SILENZI
Il silenzio esige i suoi tempi e i suoi luoghi. Il deserto diventa metafora della mente liberata dall'apprensione dell'attivismo perpetuo, dall'agitarsi continuo dei pensieri e assume dimensione plastica nella realtà dei luoghi. Siano questi gli spazi sconfinati del Sahara o le nevi eterne delle Alpi. Spazi e luoghi che reclamano un tempo per la meditazione e la contemplazione, nel silenzio che porta a coglierne l'intensità. Per quel rientro in se stessi che richiede un tempo lento, affievolito. E il cogliere il momento, coniugando spazio e tempo, fermare l’istante e il luogo attraverso la fotografia, diventa dovere della memoria, tributo alla riflessione sul significato profondo dell'esistenza, icona della bellezza della vita e del creato e richiama l’antico adagio di Qòelet: "Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole? ... Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole, ed ecco tutto è vanità ed un inseguire il vento! (Qo, 1,3 e 14). E' così l'energia iconica dell'immagine assume valore paradigmatico e proietta il luogo e l'istante, l'ora e il minuto, il giorno e il mese, l'anno, puntigliosamente fissati nella memoria, in un'ermeneusi universale del messaggio che si estende al di là del tempo e dello spazio.

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Il silenzio esige i suoi tempi e i suoi luoghi. Il deserto diventa metafora della mente liberata dall'apprensione dell'attivismo perpetuo, dall'agitarsi continuo dei pensieri e assume dimensione plastica nella realtà dei luoghi. Siano questi gli spazi sconfinati del Sahara o le nevi eterne delle Alpi. Spazi e luoghi che reclamano un tempo per la meditazione e la contemplazione, nel silenzio che porta a coglierne l'intensità. Per quel rientro in se stessi che richiede un tempo lento, affievolito. E il cogliere il momento, coniugando spazio e tempo, fermare l’istante e il luogo attraverso la fotografia, diventa dovere della memoria, tributo alla riflessione sul significato profondo dell'esistenza, icona della bellezza della vita e del creato e richiama l’antico adagio di Qòelet: "Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole? ... Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole, ed ecco tutto è vanità ed un inseguire il vento! (Qo, 1,3 e 14). E' così l'energia iconica dell'immagine assume valore paradigmatico e proietta il luogo e l'istante, l'ora e il minuto, il giorno e il mese, l'anno, puntigliosamente fissati nella memoria, in un'ermeneusi universale del messaggio che si estende al di là del tempo e dello spazio.

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