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È giusto che lo Stato dialoghi con i Serial Killer e i criminali più incalliti?

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Ted Bundy, probabilmente il più famigerato serial killer americano, riuscì a resistere per ben 9 anni nel braccio della morte prima di essere giustiziato. Come fece? Semplice, adottò la strategia definita "bodies for time", ovvero rivelò alla polizia i luoghi in cui si trovavano i resti delle sue vittime un po' alla volta, cercando quindi di ritardare il più possibile la sua condanna a morte. Alla fine però anche i parenti delle presunte vittime di Bundy, presunte perché non c'erano prove che potessero incastrare il serial killer né corpi su cui fare indagini, decisero che non avrebbero più accettato quella strategia ricattatoria. E così Ted Bundy finì sulla sedia elettrica. Partendo da questo caso celebre Jacopo Pezzan e Giacomo Brunoro si domandano fino a che punto sia lecito per lo stato dialogare con serial killer o criminali incalliti come Bundy, confrontando poi il sistema giudiziario italiano con quello americano. Due sistemi profondamente diversi tanto da concepire in maniera profondamente diversa lo scopo della pena carceraria. Ecco allora che ci si interroga sul caso dei membri della Family, incarcerati da più di 50 anni e destinati probabilmente a morire in carcere, confrontandoli con i casi dei brigatisti e dei terroristi italiani che, invece, hanno potuto usufruire dei vari sconti di pena previsti dalla legge. E, ancora, il caso di Gianfranco Stevanin, il serial killer veneto che da anni chiede di poter usufruire dei benifici di legge che gli permetterebbero di vivere in regime di semilibertà, oppure il caso di Angelo Izzo che, una volta uscito dal carcere, si macchio di un terribile duplice delitto. Un tema scomodo che ci mette di fronte a due modi opposti di concepire il rapporto tra Stato e cittadini.

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Ted Bundy, probabilmente il più famigerato serial killer americano, riuscì a resistere per ben 9 anni nel braccio della morte prima di essere giustiziato. Come fece? Semplice, adottò la strategia definita "bodies for time", ovvero rivelò alla polizia i luoghi in cui si trovavano i resti delle sue vittime un po' alla volta, cercando quindi di ritardare il più possibile la sua condanna a morte. Alla fine però anche i parenti delle presunte vittime di Bundy, presunte perché non c'erano prove che potessero incastrare il serial killer né corpi su cui fare indagini, decisero che non avrebbero più accettato quella strategia ricattatoria. E così Ted Bundy finì sulla sedia elettrica. Partendo da questo caso celebre Jacopo Pezzan e Giacomo Brunoro si domandano fino a che punto sia lecito per lo stato dialogare con serial killer o criminali incalliti come Bundy, confrontando poi il sistema giudiziario italiano con quello americano. Due sistemi profondamente diversi tanto da concepire in maniera profondamente diversa lo scopo della pena carceraria. Ecco allora che ci si interroga sul caso dei membri della Family, incarcerati da più di 50 anni e destinati probabilmente a morire in carcere, confrontandoli con i casi dei brigatisti e dei terroristi italiani che, invece, hanno potuto usufruire dei vari sconti di pena previsti dalla legge. E, ancora, il caso di Gianfranco Stevanin, il serial killer veneto che da anni chiede di poter usufruire dei benifici di legge che gli permetterebbero di vivere in regime di semilibertà, oppure il caso di Angelo Izzo che, una volta uscito dal carcere, si macchio di un terribile duplice delitto. Un tema scomodo che ci mette di fronte a due modi opposti di concepire il rapporto tra Stato e cittadini.

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