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Lo sguardo oltre il confine. Conversazione con Francesca Mannocchi

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Una lunga e appassionata conversazione a cura di Arianna Ciccone con la giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi, appena tornata dal fronte ucraino.

Mannocchi segue l’invasione russa dell’Ucraina sin dall’inizio. Ci racconta cosa è oggi l’Ucraina, l’attacco sistematico ai civili, la situazione militare con l’inverno alle porte. Cosa significa essere giornalisti embedded e come si preserva la propria indipendenza, il ruolo fondamentale dei fixer, il consenso della società civile alla resistenza delle forze armate e dei partigiani.

Con lei abbiamo affrontato anche la questione del genocidio (qui si può ascoltare la lezione dello storico Timothy Snyder) il significato della parola pace per una popolazione che da mesi subisce incessantemente violenze, stupri, bombardamenti che hanno raso al suolo città e villaggi. Il dibattito in Italia, i problemi dell'informazione e infine cosa significa per lei il lavoro della scrittrice e giornalista premio Nobel Svetlana Aleksievič che accompagna costantemente il suo lavoro.

Anche suo ultimo libro, “Lo sguardo oltre il confine Dall’Ucraina all’Afghanistan, i conflitti di oggi raccontati ai ragazzi. - dedicato al figlio Pietro ed edito da De Agostini - si apre con una citazione di Aleksievič, tratta dal libro La guerra non ha un volto di donna.

Aleksievič raccoglie la testimonianza di una giovane che aveva partecipato alla Seconda guerra mondiale: «Posso raccontare come ho combattuto e sparato, ma raccontare quanto e come ho pianto non posso. Questo resterà non detto. So solo una cosa: in guerra l’uomo si trasforma in un essere spaventoso e oscuro». In queste righe - scrive Mannocchi - è riassunta la ragione che mi ha spinto a scrivere un libro a voi, ragazze e ragazzi: raccontare come si piange in guerra non si può, quello che si sa è che “in guerra l’uomo si trasforma in un essere spaventoso e oscuro”. È su quell’essere spaventoso e oscuro che siamo chiamati a interrogarci. È quell’essere a riempirci di domande.

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Con lei abbiamo affrontato anche la questione del genocidio (qui si può ascoltare la lezione dello storico Timothy Snyder) il significato della parola pace per una popolazione che da mesi subisce incessantemente violenze, stupri, bombardamenti che hanno raso al suolo città e villaggi. Il dibattito in Italia, i problemi dell'informazione e infine cosa significa per lei il lavoro della scrittrice e giornalista premio Nobel Svetlana Aleksievič che accompagna costantemente il suo lavoro.

Anche suo ultimo libro, “Lo sguardo oltre il confine Dall’Ucraina all’Afghanistan, i conflitti di oggi raccontati ai ragazzi. - dedicato al figlio Pietro ed edito da De Agostini - si apre con una citazione di Aleksievič, tratta dal libro La guerra non ha un volto di donna.

Aleksievič raccoglie la testimonianza di una giovane che aveva partecipato alla Seconda guerra mondiale: «Posso raccontare come ho combattuto e sparato, ma raccontare quanto e come ho pianto non posso. Questo resterà non detto. So solo una cosa: in guerra l’uomo si trasforma in un essere spaventoso e oscuro». In queste righe - scrive Mannocchi - è riassunta la ragione che mi ha spinto a scrivere un libro a voi, ragazze e ragazzi: raccontare come si piange in guerra non si può, quello che si sa è che “in guerra l’uomo si trasforma in un essere spaventoso e oscuro”. È su quell’essere spaventoso e oscuro che siamo chiamati a interrogarci. È quell’essere a riempirci di domande.

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