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Manca la gente - EPT #46

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"In Italia le dimissioni si chiedono, non si danno"

L’abrasivo aforisma di Roberto Gervaso era evidentemente riferito alla sfera della politica e del Potere in genere, non al mondo del lavoro, ma chissà quale caustico commento formulerebbe oggi Gervaso davanti all’ultima “moda” importata dagli USA.
Ebbene sì, ora nel mercato del lavoro gli abbandoni volontari cominciano a fioccare, seppur certo non con il ritmo, invero impressionante, che il fenomeno fa registrare Oltreoceano.

Al #mancalaroba, sul quale vi abbiamo intrattenuti a più riprese nelle ultime settimane, si aggiunge dunque il #mancalagente. Mentre i complottisti novax e i negazionisti del Covid, al seguito di pifferai magici travestiti da intellettuali e monsignori, si baloccano con lisergici scenari sul genere Gran Reset, nel mondo reale, quello nel quale gli Usa conservano ancora una straordinaria energia anticipatrice di trend e fenomeni, va in scena la Great Resignation: il fenomeno delle dimissioni di massa, milioni di lavoratori che lasciano volontariamente il posto di lavoro.
Alcuni per spuntare retribuzioni maggiori altrove, altri per reinventarsi professionalmente, e con ciò ridisegnare anche la propria relazione con la sfera lavorativa, altri per abbandonare tout court il perimetro del mondo del lavoro.E’ una storia di massicci sussidi alla disoccupazione mediante i quali il Big Government , dal quale metteva in guardia una recentissima copertina dell’ Economist, si è di fatto per mesi sostituito ai datori di lavoro, ma è anche una storia che va oltre l’aspetto meramente pecuniario, investendo profili più profondi, incisive modifiche che la pandemia ha impresso alla scala valoriale di molti individui: bisogno di superare la dimensione totalizzante del lavoro, suggestione di trasformare hobby o passioni in mestieri, meno assorbenti e talora del tutto inediti.

In ogni caso, un fenomeno troppo imponente e rivelatore perché qui ad Economia Per Tutti, dove parecchi mesi fa ne raccontammo le prime avvisaglie a stelle e strisce, lo si possa ignorare. La conversazione inclinata tra Milano e Manchester di questa settimana è dedicata a tentare di capire come e perché #mancalagente

Come sempre, poi, è anche una storia di teorie economiche che si scontrano con la realtà e, più di tutto, con il “fattore umano”, il comportamento concreto degli attori fondamentali dell'economia: le persone.
Del resto, come sapete, ci piace in ogni chiacchierata sminuzzare, alla maniera nostra, qualche pillola della “scienza triste” con l’ambizione di mostrare come possa, al contrario, risultare intrigante. Questa volta è il turno della “Curva di Phillips”, con la quale negli anni Cinquanta ci si illuse di aver immutabilmente incardinato in una relazione inversa tasso di inflazione e tasso di disoccupazione, e dell’indice Nairu (non accelerating inflation rate of unemployment) con il quale la Federal Reserve cercò, con faticosi e controversi risultati empirici, di ricostruire una cornice entro la quale spiegare il rapporto inflazione/disoccupazione dopo che la stagflazione degli anni ’70 aveva traumaticamente dimostrato che, in barba alla suddetta Curva, potevano ben coesistere, con pessimi effetti, inflazione alta e altrettanto alta disoccupazione.
Se volete prendervi un break dal vostro lavoro, anche senza necessariamente dimettervi, per ascoltare questa storia o se anche siete alla ricerca di argomenti invincibili per strappare un aumento di stipendio, vi aspettiamo sulla vostra piattaforma preferita.
web: http://www.PianoInclinato.it

email: redazione@pianoinclinato.it

Newsletter di Economia per tutti: https://tinyletter.com/PianoInclinato

Sottofondo musicale e sigla by Kevin MacLeod https://incompetech.filmmusic.io/song/4450-sweeter-vermouth License: http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

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"In Italia le dimissioni si chiedono, non si danno"

L’abrasivo aforisma di Roberto Gervaso era evidentemente riferito alla sfera della politica e del Potere in genere, non al mondo del lavoro, ma chissà quale caustico commento formulerebbe oggi Gervaso davanti all’ultima “moda” importata dagli USA.
Ebbene sì, ora nel mercato del lavoro gli abbandoni volontari cominciano a fioccare, seppur certo non con il ritmo, invero impressionante, che il fenomeno fa registrare Oltreoceano.

Al #mancalaroba, sul quale vi abbiamo intrattenuti a più riprese nelle ultime settimane, si aggiunge dunque il #mancalagente. Mentre i complottisti novax e i negazionisti del Covid, al seguito di pifferai magici travestiti da intellettuali e monsignori, si baloccano con lisergici scenari sul genere Gran Reset, nel mondo reale, quello nel quale gli Usa conservano ancora una straordinaria energia anticipatrice di trend e fenomeni, va in scena la Great Resignation: il fenomeno delle dimissioni di massa, milioni di lavoratori che lasciano volontariamente il posto di lavoro.
Alcuni per spuntare retribuzioni maggiori altrove, altri per reinventarsi professionalmente, e con ciò ridisegnare anche la propria relazione con la sfera lavorativa, altri per abbandonare tout court il perimetro del mondo del lavoro.E’ una storia di massicci sussidi alla disoccupazione mediante i quali il Big Government , dal quale metteva in guardia una recentissima copertina dell’ Economist, si è di fatto per mesi sostituito ai datori di lavoro, ma è anche una storia che va oltre l’aspetto meramente pecuniario, investendo profili più profondi, incisive modifiche che la pandemia ha impresso alla scala valoriale di molti individui: bisogno di superare la dimensione totalizzante del lavoro, suggestione di trasformare hobby o passioni in mestieri, meno assorbenti e talora del tutto inediti.

In ogni caso, un fenomeno troppo imponente e rivelatore perché qui ad Economia Per Tutti, dove parecchi mesi fa ne raccontammo le prime avvisaglie a stelle e strisce, lo si possa ignorare. La conversazione inclinata tra Milano e Manchester di questa settimana è dedicata a tentare di capire come e perché #mancalagente

Come sempre, poi, è anche una storia di teorie economiche che si scontrano con la realtà e, più di tutto, con il “fattore umano”, il comportamento concreto degli attori fondamentali dell'economia: le persone.
Del resto, come sapete, ci piace in ogni chiacchierata sminuzzare, alla maniera nostra, qualche pillola della “scienza triste” con l’ambizione di mostrare come possa, al contrario, risultare intrigante. Questa volta è il turno della “Curva di Phillips”, con la quale negli anni Cinquanta ci si illuse di aver immutabilmente incardinato in una relazione inversa tasso di inflazione e tasso di disoccupazione, e dell’indice Nairu (non accelerating inflation rate of unemployment) con il quale la Federal Reserve cercò, con faticosi e controversi risultati empirici, di ricostruire una cornice entro la quale spiegare il rapporto inflazione/disoccupazione dopo che la stagflazione degli anni ’70 aveva traumaticamente dimostrato che, in barba alla suddetta Curva, potevano ben coesistere, con pessimi effetti, inflazione alta e altrettanto alta disoccupazione.
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