NELL'ACQUA di Lorenzo Mattotti (focus)
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vedi libro: www.libri.it/nell-acqua
“In questa bolla di mare, mi sento libero di amarti senza riserve, senza intrusioni. Fuso nel tuo corpo e nell’acqua.” Così recita uno dei brevi testi che intervallano le tavole di questo libro in cui Lorenzo Mattotti affronta ancora una volta il tema dell’intimità tra due amanti. Qui, come in Stanze e La stanza, un uomo e una donna si isolano dal mondo, si perdono l’uno nell’altra lasciando da parte tutto il resto della propria vita; ma stavolta il luogo, o meglio il non luogo che li accoglie e protegge il loro amore da qualsiasi interferenza esterna è l’acqua, nella quale i due corpi, uniti, si fondono come gocce. In uno spazio-tempo indefinito, gli amanti si avvicinano e si allontanano in una danza piena di grazia e armonia in cui sono le onde e la corrente a dettare la coreografia, delineando una “grammatica dei gesti amorosi” diversa da quella minuziosamente esplorata negli altri due volumi sul tema. Anche qui l’inquadratura è stretta sugli amanti ma l’ambiente appare maggiormente caratterizzato accogliendo dettagli del paesaggio, con l’acqua a giganteggiare comprimendo il cielo e la terraferma in una striscia sottile che corre lungo il margine superiore della pagina. Pur in uno spazio così ridotto, l’artista riesce a variare sapientemente i motivi focalizzandosi di volta in volta sulla spiaggia, sulle dune, sui cespugli, lasciando svettare le scogliere oppure profilando un’isola al largo. Anche il minuscolo lembo di cielo si presta a numerose variazioni, tingendosi di diverse sfumature a seconda del momento della giornata, dispiegandosi limpido e vuoto oppure velandosi di nebbia, screziandosi di nubi. Al di sotto di queste geografie simboliche, si spalanca la massa liquida in cui il nostro sguardo si tuffa lasciandosi sedurre dal colore. Pagina dopo pagina, come in una sequenza cinematografica, ammiriamo i movimenti degli amanti sospesi e condividiamo le loro emozioni e sensazioni, veicolate dalla tecnica via via scelta dall’artista. Questo “diario di vacanza dei due innamorati”, così come Mattotti lo definisce nel testo conclusivo del libro, inizia con due corpi fluttuanti in uno spazio azzurro astratto che potrebbe essere il mare, un lago, un fiume oppure il cielo. Gli amanti sono in piena luce e le loro forme appaiono morbide, esaltate nella loro plasticità da un sapiente utilizzo del chiaroscuro, mentre i volti rimangono in ombra e tali resteranno quasi sempre fino all’ultima tavola, forse per lasciare che a trasmettere le emozioni siano soltanto le scelte stilistiche dell’artista e i movimenti dei corpi in relazione reciproca e con l’acqua, senza alcuna interferenza da parte delle espressioni facciali. Già nella seconda tavola, l’azzurro si fa più chiaro e pastoso e la scena si allarga includendo la riva e un frammento di cielo arrossato dal tramonto. Mentre gli innamorati appaiono presi unicamente da sé stessi, la natura che li attornia si manifesta in tutta la sua mutevole bellezza. I colori dell’acqua sono potenzialmente infiniti e se inizialmente si alternano differenti tonalità di azzurro, blu e verde, più avanti qualsiasi intento realistico-mimetico viene meno lasciando il posto a scenari onirici in cui la superficie dell’acqua si infrange in rapidi tratti di matita che, riconducibili inizialmente all’essenzialità della Stanza, si fanno ben presto più nervosi, si infittiscono e attorcigliano in foreste di rovi e filo spinato nello stile, ad esempio, di Stigmate. Imperiosa e a tratti opprimente, la passione si chiude come una prigione intorno ai due corpi che continuano a esplorarsi senza apparent
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