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EMILIA-ROMAGNA SOTT’ACQUA: “CAMBIARE LA PROSPETTIVA” PER NON ANNEGARE. L’INTERVISTA AL GEOLOGO MAURO ROSSI

 
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Emilia Romagna, di nuovo, sott’acqua. I fiumi tracimati hanno invaso nelle ultime 48 ore case, strade e campagne, anche se ora la pioggia ha lasciato il posto a rovesci sparsi e i treni hanno ripreso a circolare. Quello che resterà come lo scorso anno, una volta ritirata l’acqua, sarà devastazione e fango. In attesa della conta dei danni, sono al momento 1.500 gli sfollati, due i dispersi (a Bagnocavallo, anche se mancano per ora denunce di scomparsa in Comune) e perdite per almeno 600 milioni di euro.

A 16 mesi dalle devastanti alluvioni del maggio 2023, sono le stesse aree di territorio dell’Emilia-Romagna a essere state colpite da una nuova violenta alluvione, che ha causato frane, esondazioni, allagamenti: 350 i millimetri di pioggia caduti in 48 ore, a fronte dei 400 milletri caduti nell’intero mese di maggio 2023.

L’ex ciclone Boris, dopo aver devastato ampie aree dell’Europa Centrale e Orientale, ha preso maggiore forza una volta passato sul Mediterraneo a causa delle elevate temperature del mare, e si è scaricato su un territorio già fragile, reso ancora più fragile da un’estate estremamente calda e siccitosa.

La fragilità del territorio riguarda sicuramente la sua geomorfologia, composta da una pianura argillosa e paludosa, sottoposta nel tempo a bonifiche e modifiche ambientali: che ruolo ha avuto la vastissima cementificazione e agro-industrializzazione dell’Emilia-Romagna? La Regione “è propensa a questi dissesti, ma non con questa intensità. Questo fenomeno è tra i maggiori mai registrati“, spiega Mauro Rossi geologo, esperto in modellazione e prevenzione dei fenomeni geoidrologici, ai nostri microfoni.

Alla terza alluvione in poco più di un anno gli abitanti sono allo stremo. Tutto questo “pone questioni rispetto all’ambiente naturale: bisogna aspettarci una sorta di riequilibrio dell’ambiente rispetto a questi fenomeni? Quanto ha impattato l’antropizzazione su questi territori? Questo ci dice tanto su come noi dovremmo reagire e prepararsi alla gestione di questi fenomeni”, si domanda Mauro Rossi durante l’intervista a Radio Onda d’Urto.

Un anno fa numerosi enti, tra cui l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Geologi, avevano dichiarato che l’evento del maggio 2023 era stato accentuato anche dalla non adeguata gestione da parte delle istituzioni preposte della tutela del territorio.

Nel pieno dell’emergenza in corso, che durerà almeno fino a questo venerdì, arriva da copione il rimpallo delle responsabilità politiche. Una polemica in chiave elettorale, visto che a novembre proprio in Emilia-Romagna si terranno le regionali. “Vedo molta speculazione, le cose non si risolvono in tempi rapidi, nel nostro paese in particolare”, ricorda il geologo Mauro Rossi. “Sicuramente in un anno di tempo le cose che potevano essere fatte sono state abbastanza limitate”. Sempre secondo Rossi bisogna “sistemare le criticità a monte, ma non si può pretendere di risolvere o mitigare un’esposizione che va molto indietro nel tempo, quando le nostre civiltà si sono sviluppate”.

“Le facili soluzioni non esistono”. Ci sono azioni che possono essere prese avendo però “una visione molto più integrata. Serve proprio un cambiamento di prospettiva” per continuare a rendere il territorio vivibile, “senza avere la pretesa di risolve le cose in un anno o due anni”. “La pianificazione del nostro territorio“, dice Rossi, è uno dei modi per rispondere a queste emergenze. “Pianificare nel rispetto degli elementi naturali è uno dei modi per agire. C’è uno sforzo conoscitivo che va colmato”.

Oggi per aumentare i livelli produttivi dell’agricoltura si procede al livellamento del terreno agricolo per semplificare il lavoro, e questo per le campagne emiliano-romagnole ha significato la riduzione della capacità di accumulo di acqua e l’aumento dei ristagni. Anche il rispetto della geomorfologia naturale del territorio è venuto meno, a scapito di fitte reti stradali, industrie, case costruite a ridosso dei canali e così via.

A questo punto, è il modello economico che va cambiato? “Questo estremo sviluppo industriale è stato concentrato su una parte di territorio che è di per sè soggetta ad alluvionamento”. Molto spesso abbiamo limitato l’esistenza di fiumi e canali, arginato e deviato, edificato e cementificato, non certo negli ultimi anni. Per questo “una questione fondamentale è di rivalutare quanto le opere che abbiamo costruito sono adatte a ricevere eventi di questo tipo”, su questo “la pianificazione richiede tempo e prendere delle scelte radicali spesso è più difficile”.

L’intervista completa, informato podcast, a Mauro Rossi, geologo, esperto in modellazione e prevenzione dei fenomeni geoidrologici, ricercatore del Cnr e dell’Irpi, Istituto di ricerca e protezione idrogeologica. Ascolta o scarica.

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A 16 mesi dalle devastanti alluvioni del maggio 2023, sono le stesse aree di territorio dell’Emilia-Romagna a essere state colpite da una nuova violenta alluvione, che ha causato frane, esondazioni, allagamenti: 350 i millimetri di pioggia caduti in 48 ore, a fronte dei 400 milletri caduti nell’intero mese di maggio 2023.

L’ex ciclone Boris, dopo aver devastato ampie aree dell’Europa Centrale e Orientale, ha preso maggiore forza una volta passato sul Mediterraneo a causa delle elevate temperature del mare, e si è scaricato su un territorio già fragile, reso ancora più fragile da un’estate estremamente calda e siccitosa.

La fragilità del territorio riguarda sicuramente la sua geomorfologia, composta da una pianura argillosa e paludosa, sottoposta nel tempo a bonifiche e modifiche ambientali: che ruolo ha avuto la vastissima cementificazione e agro-industrializzazione dell’Emilia-Romagna? La Regione “è propensa a questi dissesti, ma non con questa intensità. Questo fenomeno è tra i maggiori mai registrati“, spiega Mauro Rossi geologo, esperto in modellazione e prevenzione dei fenomeni geoidrologici, ai nostri microfoni.

Alla terza alluvione in poco più di un anno gli abitanti sono allo stremo. Tutto questo “pone questioni rispetto all’ambiente naturale: bisogna aspettarci una sorta di riequilibrio dell’ambiente rispetto a questi fenomeni? Quanto ha impattato l’antropizzazione su questi territori? Questo ci dice tanto su come noi dovremmo reagire e prepararsi alla gestione di questi fenomeni”, si domanda Mauro Rossi durante l’intervista a Radio Onda d’Urto.

Un anno fa numerosi enti, tra cui l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Geologi, avevano dichiarato che l’evento del maggio 2023 era stato accentuato anche dalla non adeguata gestione da parte delle istituzioni preposte della tutela del territorio.

Nel pieno dell’emergenza in corso, che durerà almeno fino a questo venerdì, arriva da copione il rimpallo delle responsabilità politiche. Una polemica in chiave elettorale, visto che a novembre proprio in Emilia-Romagna si terranno le regionali. “Vedo molta speculazione, le cose non si risolvono in tempi rapidi, nel nostro paese in particolare”, ricorda il geologo Mauro Rossi. “Sicuramente in un anno di tempo le cose che potevano essere fatte sono state abbastanza limitate”. Sempre secondo Rossi bisogna “sistemare le criticità a monte, ma non si può pretendere di risolvere o mitigare un’esposizione che va molto indietro nel tempo, quando le nostre civiltà si sono sviluppate”.

“Le facili soluzioni non esistono”. Ci sono azioni che possono essere prese avendo però “una visione molto più integrata. Serve proprio un cambiamento di prospettiva” per continuare a rendere il territorio vivibile, “senza avere la pretesa di risolve le cose in un anno o due anni”. “La pianificazione del nostro territorio“, dice Rossi, è uno dei modi per rispondere a queste emergenze. “Pianificare nel rispetto degli elementi naturali è uno dei modi per agire. C’è uno sforzo conoscitivo che va colmato”.

Oggi per aumentare i livelli produttivi dell’agricoltura si procede al livellamento del terreno agricolo per semplificare il lavoro, e questo per le campagne emiliano-romagnole ha significato la riduzione della capacità di accumulo di acqua e l’aumento dei ristagni. Anche il rispetto della geomorfologia naturale del territorio è venuto meno, a scapito di fitte reti stradali, industrie, case costruite a ridosso dei canali e così via.

A questo punto, è il modello economico che va cambiato? “Questo estremo sviluppo industriale è stato concentrato su una parte di territorio che è di per sè soggetta ad alluvionamento”. Molto spesso abbiamo limitato l’esistenza di fiumi e canali, arginato e deviato, edificato e cementificato, non certo negli ultimi anni. Per questo “una questione fondamentale è di rivalutare quanto le opere che abbiamo costruito sono adatte a ricevere eventi di questo tipo”, su questo “la pianificazione richiede tempo e prendere delle scelte radicali spesso è più difficile”.

L’intervista completa, informato podcast, a Mauro Rossi, geologo, esperto in modellazione e prevenzione dei fenomeni geoidrologici, ricercatore del Cnr e dell’Irpi, Istituto di ricerca e protezione idrogeologica. Ascolta o scarica.

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