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Come vendere il vino all’enoturista americano – con Sergio Ceccherini di Scenic Wine Tours in Tuscany

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L’enoturismo è una delle cose più belle che sta accadendo da alcuni anni al vino e al nostro vino in particolare.

Ci sono sempre più persone che visitano i territori di produzione del vino e le cantine, che vogliono degustare il vino, incontrare i produttori, godere della bellezza delle vigne, avere una esperienza genuina legata alla terra, ai sapori, al lavoro dell’uomo.

In Italia il fenomeno nel 2013 è valso un giro d’affari tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Ci sono purtroppo anche ombre perché il potenziale sarebbe ben altro (come spiega il XII Rapporto della Città del Vino). La questione è complessa e chiama in causa le politiche centrali, le infrastrutture, la capacità di posizionarsi delle nostre destinazioni nel processo di acquisto dei turisti. Debolezze perlopiù condivise con il turismo tout court, campo in cui l’Italia dovrebbe essere campione mondiale vista la qualità e la diffusione del patrimonio culturale, artistico ed enogastronomico e che invece la vede costantemente retrocedere nella classifica delle destinazioni più gettonate. Ci torneremo sopra a Wine Internet Marketing.

Quello che sappiamo è che l’enoturismo è un trend in continua crescita e che la maggior parte di questi enoturisti sono stranieri (1 milione di visitatori stranieri nel 2012 su un totale di 1 milione e 250 mila presenze turistiche totali). Molti produttori hanno da tempo trasformato il flusso in business attraverso le degustazioni, la ricettività, la ristorazione. E altri soggetti stanno nascendo per rispondere a questa domanda. Planeta, per esempio, porta 15mila persone all’anno in cantina: lo ha raccontato qui a Wine Internet Marketing.

Come comportarsi allora con queste persone perlopiù straniere che arrivano in cantina? Cosa cercano? Oltre a sapere parlare la lingua inglese cosa è importante sapere del loro modo di viaggiare per conquistare un enoturista americano e vendere il vino alla fine di una visita?

Ne parliamo con Sergio Ceccherini che da oltre dieci anni accompagna i turisti soprattutto americani in Toscana, nel Chianti. A giudicare dalle recensioni su Tripadvisor (l’azienda di Sergio è Scenic wine tours in Tuscany) risponde alle loro esigenze bene se è vero che ha 100 recensioni da 5 stelle, il massimo del gradimento sul noto portale legato al turismo.

Per l’americano il vino è un drink. L’americano medio beve il vino da solo, magari a casa davanti a un film in tv la sera. Bisogna fargli capire che lo può bere anche a pasto. Semplici stuzzichini salati durante una degustazione aiuterebbero a vendere più vino”.

Ecco alcuni punti che sono puoi ascoltare nella chiacchierata con Sergio.


  1. Il tipico americano che fa un wine tour in Italia sa molto poco del nostro vino. Ma è curioso.


  2. Con gli americani serve un approccio molto immediato, molto chiaro e diretto.


  3. Sono abituati a tour del vino molto veloci ma quando capiscono che una visita in una cantina italiana è più lenta lo accettano e poi lo apprezzano molto. Negli Stati Uniti i wine tours sono diventati molto commerciali.


  4. Di una azienda non gli interessano le storie. “Vogliono sapere come si fa il vino, quale è la filosofia dell’azienda, cose molto pratiche”.


  5. Per l’americano il vino è un drink. “L’americano medio beve il vino da solo, magari a casa davanti a un film in tv la sera. Non è affatto scontato il bere durante il pasto”. Per questo aiuterebbe molto fargli capire che il nostro vino non solo è ottimo e che l’abbinamento giusto è con i nostri piatti ma che anche loro possono berlo a pasto. “Semplici stuzzichini salati durante una degustazione aiuterebbero a vendere più vino”.


  6. Le cantine devono essere attrezzate e, alla fine di una visita, a gestire velocemente l’ordine e poi la spedizione del vino.


  7. Sarebbe opportuna una maggior comunicazione con i soggetti che gestiscono altre offerte turistiche, culturali, artistiche ed enogastronomiche di un territorio.


  8. Mediamente un enoturista americano che passa una settimana in Italia dedica al vino una giornata della sua vacanza.


  9. Certamente il vino deve essere buono. Ma il primo requisito per avere successo con un turista americano è l’accoglienza. Qualcuno in Italia invece non ha la sensibilità giusta nei rapporti col pubblico. La cordialità, il sorriso, il lasciare da parte i problemi ed essere disponibili è fondamentale. Sono persone che hanno pagato tanti soldi per arrivare fino a noi. “Il tipo di accoglienza è più importante del vino che si produce”.


  10. Offrire l’accesso wifi a internet. “Ci sono turisti che durante una visita hanno spesso il naso nell’iphone”. La possibilità di connettersi per trovare informazioni o condividere una fotografia online sui social network non è solo un servizio ma è contribuisce alla promozione del vino, di un territorio, di un’azienda. Anche perché spesso in collina la copertura della rete via cellulare non è assicurata.


Tu che ne pensi? Hai a che fare nel tuo lavoro con gli enoturisti americani? Ascolta l’intera intervista a Sergio Ceccherini e racconta la tua esperienza.

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Ci sono sempre più persone che visitano i territori di produzione del vino e le cantine, che vogliono degustare il vino, incontrare i produttori, godere della bellezza delle vigne, avere una esperienza genuina legata alla terra, ai sapori, al lavoro dell’uomo.

In Italia il fenomeno nel 2013 è valso un giro d’affari tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Ci sono purtroppo anche ombre perché il potenziale sarebbe ben altro (come spiega il XII Rapporto della Città del Vino). La questione è complessa e chiama in causa le politiche centrali, le infrastrutture, la capacità di posizionarsi delle nostre destinazioni nel processo di acquisto dei turisti. Debolezze perlopiù condivise con il turismo tout court, campo in cui l’Italia dovrebbe essere campione mondiale vista la qualità e la diffusione del patrimonio culturale, artistico ed enogastronomico e che invece la vede costantemente retrocedere nella classifica delle destinazioni più gettonate. Ci torneremo sopra a Wine Internet Marketing.

Quello che sappiamo è che l’enoturismo è un trend in continua crescita e che la maggior parte di questi enoturisti sono stranieri (1 milione di visitatori stranieri nel 2012 su un totale di 1 milione e 250 mila presenze turistiche totali). Molti produttori hanno da tempo trasformato il flusso in business attraverso le degustazioni, la ricettività, la ristorazione. E altri soggetti stanno nascendo per rispondere a questa domanda. Planeta, per esempio, porta 15mila persone all’anno in cantina: lo ha raccontato qui a Wine Internet Marketing.

Come comportarsi allora con queste persone perlopiù straniere che arrivano in cantina? Cosa cercano? Oltre a sapere parlare la lingua inglese cosa è importante sapere del loro modo di viaggiare per conquistare un enoturista americano e vendere il vino alla fine di una visita?

Ne parliamo con Sergio Ceccherini che da oltre dieci anni accompagna i turisti soprattutto americani in Toscana, nel Chianti. A giudicare dalle recensioni su Tripadvisor (l’azienda di Sergio è Scenic wine tours in Tuscany) risponde alle loro esigenze bene se è vero che ha 100 recensioni da 5 stelle, il massimo del gradimento sul noto portale legato al turismo.

Per l’americano il vino è un drink. L’americano medio beve il vino da solo, magari a casa davanti a un film in tv la sera. Bisogna fargli capire che lo può bere anche a pasto. Semplici stuzzichini salati durante una degustazione aiuterebbero a vendere più vino”.

Ecco alcuni punti che sono puoi ascoltare nella chiacchierata con Sergio.


  1. Il tipico americano che fa un wine tour in Italia sa molto poco del nostro vino. Ma è curioso.


  2. Con gli americani serve un approccio molto immediato, molto chiaro e diretto.


  3. Sono abituati a tour del vino molto veloci ma quando capiscono che una visita in una cantina italiana è più lenta lo accettano e poi lo apprezzano molto. Negli Stati Uniti i wine tours sono diventati molto commerciali.


  4. Di una azienda non gli interessano le storie. “Vogliono sapere come si fa il vino, quale è la filosofia dell’azienda, cose molto pratiche”.


  5. Per l’americano il vino è un drink. “L’americano medio beve il vino da solo, magari a casa davanti a un film in tv la sera. Non è affatto scontato il bere durante il pasto”. Per questo aiuterebbe molto fargli capire che il nostro vino non solo è ottimo e che l’abbinamento giusto è con i nostri piatti ma che anche loro possono berlo a pasto. “Semplici stuzzichini salati durante una degustazione aiuterebbero a vendere più vino”.


  6. Le cantine devono essere attrezzate e, alla fine di una visita, a gestire velocemente l’ordine e poi la spedizione del vino.


  7. Sarebbe opportuna una maggior comunicazione con i soggetti che gestiscono altre offerte turistiche, culturali, artistiche ed enogastronomiche di un territorio.


  8. Mediamente un enoturista americano che passa una settimana in Italia dedica al vino una giornata della sua vacanza.


  9. Certamente il vino deve essere buono. Ma il primo requisito per avere successo con un turista americano è l’accoglienza. Qualcuno in Italia invece non ha la sensibilità giusta nei rapporti col pubblico. La cordialità, il sorriso, il lasciare da parte i problemi ed essere disponibili è fondamentale. Sono persone che hanno pagato tanti soldi per arrivare fino a noi. “Il tipo di accoglienza è più importante del vino che si produce”.


  10. Offrire l’accesso wifi a internet. “Ci sono turisti che durante una visita hanno spesso il naso nell’iphone”. La possibilità di connettersi per trovare informazioni o condividere una fotografia online sui social network non è solo un servizio ma è contribuisce alla promozione del vino, di un territorio, di un’azienda. Anche perché spesso in collina la copertura della rete via cellulare non è assicurata.


Tu che ne pensi? Hai a che fare nel tuo lavoro con gli enoturisti americani? Ascolta l’intera intervista a Sergio Ceccherini e racconta la tua esperienza.

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