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Il G7 aspprova una tassa non inferiore al 15% per le multinazionali, ovunque sia la loro sede legale

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Benvenuti su Indizi di futuro, un podcast che indaga il presente per immaginare il domani. Ogni mattina alcune notizie dei principali quotidiani si trasformano in una scintilla che accende un faro sul divenire della nostra società. Oggi è domenica 6 giugno 2021 e io sono Roberto. Iniziamo con il dare significato a un acronimo che utilizzeremo: G7. Gruppo dei sette. Si tratta di un’organizzazione intergovernativa fra i 7 maggiori Stati economicamente avanzati del pianeta, ovvero Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Francia, Germania e Giappone. Rappresenta circa il 60% della ricchezza mondiale. Quando è denominato G8 vuol dire che è presente anche la Russia. L’Unione Europea ha una propria rappresentanza in qualità di invitato permanente, e considerando questa, la ricchezza rappresentata arriva al 70%. Ben questi signori si sono riuniti e hanno siglato un accordo storico che verrà portato al G20 con l’intento di condividere lo stesso accordo con i 20 paesi più industrializzati del mondo. Veniamo al dunque, l’accordo di portata storica riguarda la negoziazione di una riforma del sistema fiscale internazionale. I dettagli naturalmente saranno discussi, e rimodulati molte volte, ma la base è una tassa non inferiore al 15% oltre il primo 10% di utile che tutte le aziende pagheranno allo Stato sul cui suolo tale utile è stato prodotto. Il che tradotto significa che la corsa al ribasso dei vari paesi che si contendevano le sedi delle multinazionali, specie del settore digitale, non avrà più ragione di esistere, e che i paesi che hanno sofferto nel vedere fiumi di denaro guadagnati sul proprio territorio e poi svanire nel paradiso fiscale di turno, ora riceveranno quanto dovuto, quindi parte dell’utile prodotto entro i confini nazionali e non dove è la sede legale. Indubbiamente molti fattori hanno concorso, dalla necessità di denaro da parte degli Stati in grande difficoltà a causa della pandemia, all’arrivo di Biden alla presidenza americana, in quanto la sua politica necessita di alzare le tasse anche sul proprio territorio, e il timore di veder spostare le sedi legali delle proprie aziende in terreno straniero per eludere la tassazione poteva ostacolare i progetti che ha in corso. Trump aveva fatto sconti straordinari per ciò che attiene alla tassazione facendo rientrare molte aziende in patria, e ora Biden innalza le aliquote. Una sorta di trappola perfetta, ma non bisogna temere per le aziende, perché sanno perfettamente come tutelare i propri guadagni e partiranno già da oggi alla ricerca di una nuova via per eludere il fisco. Naturalmente in prima fila ci saranno i giganti della tecnologia.g La lotta al riguardo è senza fine. D’altro canto, anche i paradisi fiscali, ovvero tutti quei paesi nei quali il prelievo fiscale sui redditi è frazionale rispetto alla media dei paesi nei quali il regime di tassazione è nella norma, cercheranno di riorganizzare il proprio apparato per rendere sempre attrattivo il loro territorio per le sedi della aziende interessate a tale artifizio per eludere la tassazione nei paesi nei quali costruiscono il loro reddito, ovvero. dove vendono i loro beni o i loro servizi. D’altro canto l’elusione fiscale, ovvero l’arte di ingannare con espedienti capaci di trovare vie solo formalmente lecite, impiega un’esercito di menti lucidissime, preparatissime, e instancabili. Insomma nella lotta fra governi e multinazionali, pare che i governi siano stati capaci di dare un colpo da ko, ma naturalmente non è che uno tanti che i due contendenti si scambiano e non metterà al tappeto nessuno. Ora vediamo cosa si inventeranno le multinazionali per non perdere il round. A domani.
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