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Bellezza e conformità, modelli e libertà

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Il corpo non è stato mai lasciato in pace. Con lui abbiamo ingaggiato una battaglia secolare per cambiarlo e controllarlo secondo i desiderata della comunità. Perché la conformità è il biglietto di ingresso per tutti i gruppi umani.
I body code che si sono alternati nelle epoche storiche hanno fatto sì che avessimo sempre da ridire per come appariva nel suo presente anagrafico, ma anche per il suo modo di maturare: «Nell’arco della storia dell'uomo si sono alternati anche modelli opposti tra loro», spiega Cristina Cassese, storica dell'arte specializzata in antropologia culturale. «Per esempio, al contrario di quanto succede oggi, un tempo si operavano pratiche estetiche “invecchianti” per essere considerati più saggi, fascinosi o semplicemente più fortunati per aver superato l’età media di mortalità della propria generazione. Alla corte di Maria Antonietta le parrucche bianche rappresentavano molto di più di un vezzo estetico, addirittura un messaggio di autorevolezza e di status sociale legato alle posizioni di potere. Ai nostri giorni, l’esibizione di un corpo anziano correlato alla manifestazione di desiderio sessuale rappresenta invece l’ultimo grande tabù».
Come se la desiderabilità avesse una data di scadenza da posticipare il più in là possibile o quanto meno preservare camuffando rughe e capelli bianchi. Perché per quanto si decanti la bellezza delle chiome silver, «deporre la tinta» e mostrarsi con i capelli grigi appare come un gesto di resa all’età anagrafica, se non una dichiarazione estetica dell’ingresso nel club poco blasonato della «pace dei sensi». Quante volte dopotutto ci è capitato di sentirci dire che dimostriamo meno dei nostri anni, come se fosse un complimento?
Abbiamo parlato di bellezza, conformità ai canoni, discriminazione e libertà dagli stereotipi nella puntata del podcast n.17 di Chiamate il Coach! Insieme a Marina Cuollo, divulgatrice e attivista, contributor di Vanity Fair e autrice del libro A Disabilandia si tromba, edito da Sperling&Kupfer.

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Come se la desiderabilità avesse una data di scadenza da posticipare il più in là possibile o quanto meno preservare camuffando rughe e capelli bianchi. Perché per quanto si decanti la bellezza delle chiome silver, «deporre la tinta» e mostrarsi con i capelli grigi appare come un gesto di resa all’età anagrafica, se non una dichiarazione estetica dell’ingresso nel club poco blasonato della «pace dei sensi». Quante volte dopotutto ci è capitato di sentirci dire che dimostriamo meno dei nostri anni, come se fosse un complimento?
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