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J-TACTICS - Fino all'ultimo respiro (S04 E14)

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ll titolo della quattordicesima puntata della quarta stagione di J-TACTICS, trae spunto da​ "Fino all'ultimo respiro", (À bout de souffle) che è un film del 1960 scritto e diretto da Jean-Luc Godard, considerato il film manifesto della Nouvelle Vague.
Interpretato da Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg.
Michel Poiccard, ladro e truffatore, mette a segno un colpo a Marsiglia, rubando un'automobile.
Dopo aver lasciato la città, viene inseguito da un poliziotto per eccesso di velocità.
Dopo aver cercato inutilmente di nascondersi e Michel uccide il poliziotto per non essere arrestato.
Tornato a Parigi per affari con l'intenzione poi di fuggire in Italia, ritrova Patricia, una studentessa americana di cui si era innamorato e che vorrebbe portare con sé nel belpaese.
Le rivela pian piano la sua condotta delinquenziale e le fa capire che la sogna al suo fianco anche come complice della sua vita spericolata, nella quale "il dolore è un compromesso".
Lei, pur ricambiando l'amore, cerca di allontanarsi da Michel perché lo ritiene troppo sfrenato.
Michel, accompagnato da Patricia, continua la sua vita "all'ultimo respiro", rubando soldi e auto, fumando e leggendo France Soir, da cui apprende di essere braccato dalla polizia, che è ormai sulle sue tracce.
Michel cerca quindi di fuggire, insistendo perché la ragazza lo segua in Italia, ma Patricia, pur se inizialmente appare innamorata e propensa a seguirlo, alla fine decide di denunciarlo. Inseguito dalla polizia, Michel viene colpito da un proiettile e muore proprio sotto gli occhi della ragazza.
Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare la sfida andata in scena all'Olimpico di Roma tra i padroni di casa giallorossi e una derelitta (ancor di più dopo la prova offerta con l'avversaria diretta Napoli nel turno precedente) Juventus a caccia ancora di qualche punto per tenere vive le speranze Champions.
Una sfida risolta come il capolavoro di Godard, da cui trae spunto l'odierna puntata di J-TACTICS, solo "all'ultimo respiro".
In svantaggio 3-1 a 20' dalla fine, i bianconeri ribaltano tutto in 7 minuti sbancando l'Olimpico.
La prima frazione di gioco è un botta e risposta tra le due squadre.
Il vantaggio della Roma, all'11', è la testimonianza, ancora una volta, abbastanza chiara di una Juventus che appare più figlia della cd. "Pirlolandia" che fu, piuttosto che quel monolite insuperabile in difesa di allegriana memoria.
Corner di Veretout e Tammy Abraham, nell'area piccola, insacca indisturbato, con Rugani che perde la marcatura e, forse, anche Szczesny in ritardo con l'uscita.
La reazione dei bianconeri è una fiammata, un'invenzione di due interpreti che brillano di luce propria mel buio pesto della mediocrità nella rosa juventina: Chiesa pesca smarcatissimo Dybala al limite dell'area, tiro magistrale con un lieve effetto a giro e gol.
Al '18 un gol per parte, entrambi scaturiti da errori difensivi marchiani che sanciscono il livello non propriamente eccelso delle due contendenti.
Nella successiva mezzora, fino all'intervallo, succede poco, ma sicuramente meglio la Roma della Juve.
Oltre all'uscita di Federico Chiesa vittima, come si appurerà poi, di un grave infortunio.
Nella seconda frazione di gioco la Juve, come accaduto spessissimo in questa stagione, torna in campo con la testa altrove. Le conseguenze di ciò non attendono a farsi vedere, la Roma va in vantaggio dopo solo tre minuti con Mkhitaryan, che tira da fuori, e segna.
La Roma sulle ali dell'entusiasmo spinge, mentre i bianconeri proseguono nella solita irritante apatia e dopo cinque minuti prendono il terzo gol.
Punizione dal limite di Lorenzo Pellegrini e 3-1 nel sette alla destra di Szczesny.
E poi? E poi vi chiederete.
Poi semplicemente la Juve ha ricordato a tutti, anche ai suoi stessi tifosi che probabilmente per 70 minuti hanno sciorinato ogni sorta di imprecazione ai limiti della blasfemia, che i celebri motti che contraddistinguono la loro squadra sono: "Vincere è l'unica cosa che conta" e (il più che appropriato) "Fino alla fine".
Ecco che allora tutti, tifosi e soprattutto uomini in campo hanno sentito venir su dal di dentro quella misteriosissima voce che ripete rapida e ossessiva ‘Fino alla fine! Fino alla fine! Fino alla fine!’ a cui questa volta, anche il tifoso più incallito e gobbo avrebbe faticato a credere.
La rimonta molto spesso nel calcio si consuma in un respiro, o meglio, un "ultimo respiro".
Ha a che fare con il cuore più che con il cervello, è simile all’innamoramento, a qualcosa che sfugge completamente al controllo.
È una sensazione, per chi la compie, di assoluta onnipotenza e al contempo di totale vulnerabilità per chi la subisce.
Il tempo diventa relativo, lo spazio pure, quei sette minuti che hanno cambiato la partita dell'Olimpico, citando ancora Godard, sono stati come "l'ultimo respiro" esalato da Belmondo prima di cadere sotto i colpi della polizia, nella sua pellicola.
La rimonta è un ascensore tra cielo e terra che va su e giù ad una velocità folle, che ti spara dalla depressione all’euforia in pochi istanti per poi risucchiarti.
Un sali-scendi paragonabile alla vita spericolata di Michel, accompagnato da Patricia, che continua all'ultimo respiro, rubando soldi e auto, fumando e leggendo France Soir.
Fino alla fine....fino all'ultimo respiro!
Sarà nostro gradito ospite l’amico e editore di megliodiniente.com, Vincenzo Ricchiuti, juventino pungente e controcorrente, tanto folle e visionario da mandarci in onda con la sua benedizione.
Diteci la vostra, interagiremo con voi in chat live! ​ ​
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Interpretato da Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg.
Michel Poiccard, ladro e truffatore, mette a segno un colpo a Marsiglia, rubando un'automobile.
Dopo aver lasciato la città, viene inseguito da un poliziotto per eccesso di velocità.
Dopo aver cercato inutilmente di nascondersi e Michel uccide il poliziotto per non essere arrestato.
Tornato a Parigi per affari con l'intenzione poi di fuggire in Italia, ritrova Patricia, una studentessa americana di cui si era innamorato e che vorrebbe portare con sé nel belpaese.
Le rivela pian piano la sua condotta delinquenziale e le fa capire che la sogna al suo fianco anche come complice della sua vita spericolata, nella quale "il dolore è un compromesso".
Lei, pur ricambiando l'amore, cerca di allontanarsi da Michel perché lo ritiene troppo sfrenato.
Michel, accompagnato da Patricia, continua la sua vita "all'ultimo respiro", rubando soldi e auto, fumando e leggendo France Soir, da cui apprende di essere braccato dalla polizia, che è ormai sulle sue tracce.
Michel cerca quindi di fuggire, insistendo perché la ragazza lo segua in Italia, ma Patricia, pur se inizialmente appare innamorata e propensa a seguirlo, alla fine decide di denunciarlo. Inseguito dalla polizia, Michel viene colpito da un proiettile e muore proprio sotto gli occhi della ragazza.
Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare la sfida andata in scena all'Olimpico di Roma tra i padroni di casa giallorossi e una derelitta (ancor di più dopo la prova offerta con l'avversaria diretta Napoli nel turno precedente) Juventus a caccia ancora di qualche punto per tenere vive le speranze Champions.
Una sfida risolta come il capolavoro di Godard, da cui trae spunto l'odierna puntata di J-TACTICS, solo "all'ultimo respiro".
In svantaggio 3-1 a 20' dalla fine, i bianconeri ribaltano tutto in 7 minuti sbancando l'Olimpico.
La prima frazione di gioco è un botta e risposta tra le due squadre.
Il vantaggio della Roma, all'11', è la testimonianza, ancora una volta, abbastanza chiara di una Juventus che appare più figlia della cd. "Pirlolandia" che fu, piuttosto che quel monolite insuperabile in difesa di allegriana memoria.
Corner di Veretout e Tammy Abraham, nell'area piccola, insacca indisturbato, con Rugani che perde la marcatura e, forse, anche Szczesny in ritardo con l'uscita.
La reazione dei bianconeri è una fiammata, un'invenzione di due interpreti che brillano di luce propria mel buio pesto della mediocrità nella rosa juventina: Chiesa pesca smarcatissimo Dybala al limite dell'area, tiro magistrale con un lieve effetto a giro e gol.
Al '18 un gol per parte, entrambi scaturiti da errori difensivi marchiani che sanciscono il livello non propriamente eccelso delle due contendenti.
Nella successiva mezzora, fino all'intervallo, succede poco, ma sicuramente meglio la Roma della Juve.
Oltre all'uscita di Federico Chiesa vittima, come si appurerà poi, di un grave infortunio.
Nella seconda frazione di gioco la Juve, come accaduto spessissimo in questa stagione, torna in campo con la testa altrove. Le conseguenze di ciò non attendono a farsi vedere, la Roma va in vantaggio dopo solo tre minuti con Mkhitaryan, che tira da fuori, e segna.
La Roma sulle ali dell'entusiasmo spinge, mentre i bianconeri proseguono nella solita irritante apatia e dopo cinque minuti prendono il terzo gol.
Punizione dal limite di Lorenzo Pellegrini e 3-1 nel sette alla destra di Szczesny.
E poi? E poi vi chiederete.
Poi semplicemente la Juve ha ricordato a tutti, anche ai suoi stessi tifosi che probabilmente per 70 minuti hanno sciorinato ogni sorta di imprecazione ai limiti della blasfemia, che i celebri motti che contraddistinguono la loro squadra sono: "Vincere è l'unica cosa che conta" e (il più che appropriato) "Fino alla fine".
Ecco che allora tutti, tifosi e soprattutto uomini in campo hanno sentito venir su dal di dentro quella misteriosissima voce che ripete rapida e ossessiva ‘Fino alla fine! Fino alla fine! Fino alla fine!’ a cui questa volta, anche il tifoso più incallito e gobbo avrebbe faticato a credere.
La rimonta molto spesso nel calcio si consuma in un respiro, o meglio, un "ultimo respiro".
Ha a che fare con il cuore più che con il cervello, è simile all’innamoramento, a qualcosa che sfugge completamente al controllo.
È una sensazione, per chi la compie, di assoluta onnipotenza e al contempo di totale vulnerabilità per chi la subisce.
Il tempo diventa relativo, lo spazio pure, quei sette minuti che hanno cambiato la partita dell'Olimpico, citando ancora Godard, sono stati come "l'ultimo respiro" esalato da Belmondo prima di cadere sotto i colpi della polizia, nella sua pellicola.
La rimonta è un ascensore tra cielo e terra che va su e giù ad una velocità folle, che ti spara dalla depressione all’euforia in pochi istanti per poi risucchiarti.
Un sali-scendi paragonabile alla vita spericolata di Michel, accompagnato da Patricia, che continua all'ultimo respiro, rubando soldi e auto, fumando e leggendo France Soir.
Fino alla fine....fino all'ultimo respiro!
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