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Un colabrodo digitale: la mafia alle porte dei nostri dati sensibili

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Nel sistema Italia un finanziere, Pasquale Striano, è accusato di accessi “mirati” a esponenti politici e del mondo economico, dello sport e dello spettacolo con informazioni cedute ad alcuni giornalisti.
Un dipendente della filiale di Bisceglie della banca Intesa San Paolo ha curiosato per almeno due anni in 6.600 conti correnti di 3.500 clienti tra cui esponenti politici, del mondo economico, dello sport e dello spettacolo.
Negli ultimi giorni l’inchiesta sulla cosiddetta “banda di via Pattari“ ha fatto emergere gruppo di hacker e appartenenti (attuali o passati) alle forze dell’ordine che secondo l’accusa ha spiato centinaia di persone attraverso accessi illeciti alle banche dati dello Stato. Il magistrato sottolinea come l’organizzazione godesse “di appoggi di alto livello in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri”. Nonché di una rete criminale “assai vasta e strutturata a grappolo, nel senso che ogni componente del sodalizio e ogni collaboratore esterno dello stesso hanno a loro volta ulteriori contatti, nelle forze dell’ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni, attraverso cui reperire illecitamente dati e informazioni riservate e sensibili”.
Nel Paese delle mafie il sistema di controllo di dati sensibili sembra burro e la permeabilità della sicurezza informatica è allarmante. Diventa lecito chiedersi quindi se ad avere accesso a questi dati siano solo impiegati di piccolo calibro o più vaste organizzazioni criminali. Pensate cosa succederebbe se le mafie avessero a queste informazioni. Pensate cosa sta succedendo se già li hanno.
#LaSveglia per La Notizia
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Negli ultimi giorni l’inchiesta sulla cosiddetta “banda di via Pattari“ ha fatto emergere gruppo di hacker e appartenenti (attuali o passati) alle forze dell’ordine che secondo l’accusa ha spiato centinaia di persone attraverso accessi illeciti alle banche dati dello Stato. Il magistrato sottolinea come l’organizzazione godesse “di appoggi di alto livello in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri”. Nonché di una rete criminale “assai vasta e strutturata a grappolo, nel senso che ogni componente del sodalizio e ogni collaboratore esterno dello stesso hanno a loro volta ulteriori contatti, nelle forze dell’ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni, attraverso cui reperire illecitamente dati e informazioni riservate e sensibili”.
Nel Paese delle mafie il sistema di controllo di dati sensibili sembra burro e la permeabilità della sicurezza informatica è allarmante. Diventa lecito chiedersi quindi se ad avere accesso a questi dati siano solo impiegati di piccolo calibro o più vaste organizzazioni criminali. Pensate cosa succederebbe se le mafie avessero a queste informazioni. Pensate cosa sta succedendo se già li hanno.
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