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Vincenzo Trione "Armi improprie"

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Vincenzo Trione
"Armi improprie"
Lo stato della critica d'arte in Italia
Johann & Levi
www.johanandlevi.com
Nel manifesto l’Antitradizione futurista, pubblicato nel 1913, Apollinaire riserva «mer…de aux critiques». Poco più di cento anni dopo quel j’accuse ha conservato, intatta, la sua forza scandalosa. Dov’è la critica, oggi? Condannata a una lenta eutanasia, è diventata un genere residuale: la figura del critico è stata sostituita da quella del curatore.
Eppure, proprio nell’epoca in cui le opere d’arte sono divenute sempre più criptiche, questa pratica legata alle origini della modernità avrebbe un ruolo decisivo. Per non permettere che l’esoterismo e la volatilità di tante esperienze artistiche attuali ci escludano dal piacere. E per creare un sentimento di prossimità nei confronti di creazioni non di rado respingenti.
Ma, per avere ancora un senso, la critica non può che ripartire dalle sue ragioni originarie. Rimodulare, attraverso le parole, i segni dipinti. Riaffermare la centralità dell’opera. Raccontare in che modo un quadro è nato e che cosa rappresenta; quali erano gli obiettivi del suo autore; come egli si è formato; che tecniche ha adoperato; che relazioni ha intrattenuto con la società in cui si è trovato ad agire; a quali simboli ha rimandato. E ancora: insegnare a vedere meglio ciò che è in evidenza, ma anche ciò che si nasconde nell’ombra. Infine, non lasciarsi sedurre dal mito dell’eterno cominciamento, per darsi come inquieta storia del presente. E, insieme, come esercizio “parziale, appassionato, politico” (per dirla con Baudelaire).
Di questa filosofia, con sensibilità e culture diverse e lontane, si sono fatti interpreti critici come, tra gli altri, Roberto Longhi e Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan e Francesco Arcangeli, Cesare Brandi e Filiberto Menna, Giuliano Briganti ed Emilio Villa, Germano Celant e Achille Bonito Oliva, Carla Lonzi e Lea Vergine. All’attualità della loro lezione è dedicato Armi improprie. Che suggerisce un viaggio appassionante tra idee, teorie, libri, articoli, progetti, mostre, esperienze corsare. Disegnando così i contorni di un possibile canone della critica d’arte italiana del XX secolo.
Vincenzo Trione
Professore ordinario di Arte e media e di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università IULM di Milano, è Preside della Facoltà di Arti e turismo. È Presidente della Scuola dei beni e delle attività culturali. Collabora al Corriere della Sera. Ha curato mostre in musei italiani e stranieri e il Padiglione Italia della Biennale di Venezia (2015). Direttore dell’Enciclopedia Treccani dell’Arte Contemporanea, è autore di monografie su Apollinaire, Soffici e de Chirico. Tra i suoi libri: Effetto città. Arte cinema modernità (2014), Contro le mostre (con Tomaso Montanari, 2017), L’opera interminabile. Arte e XXI secolo (2019), Artivismo. Arte, politica, impegno (2022), Prologo celeste. Nell’atelier di Anselm Kiefer (2023).
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare
www.ilpostodelleparole.it
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Eppure, proprio nell’epoca in cui le opere d’arte sono divenute sempre più criptiche, questa pratica legata alle origini della modernità avrebbe un ruolo decisivo. Per non permettere che l’esoterismo e la volatilità di tante esperienze artistiche attuali ci escludano dal piacere. E per creare un sentimento di prossimità nei confronti di creazioni non di rado respingenti.
Ma, per avere ancora un senso, la critica non può che ripartire dalle sue ragioni originarie. Rimodulare, attraverso le parole, i segni dipinti. Riaffermare la centralità dell’opera. Raccontare in che modo un quadro è nato e che cosa rappresenta; quali erano gli obiettivi del suo autore; come egli si è formato; che tecniche ha adoperato; che relazioni ha intrattenuto con la società in cui si è trovato ad agire; a quali simboli ha rimandato. E ancora: insegnare a vedere meglio ciò che è in evidenza, ma anche ciò che si nasconde nell’ombra. Infine, non lasciarsi sedurre dal mito dell’eterno cominciamento, per darsi come inquieta storia del presente. E, insieme, come esercizio “parziale, appassionato, politico” (per dirla con Baudelaire).
Di questa filosofia, con sensibilità e culture diverse e lontane, si sono fatti interpreti critici come, tra gli altri, Roberto Longhi e Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan e Francesco Arcangeli, Cesare Brandi e Filiberto Menna, Giuliano Briganti ed Emilio Villa, Germano Celant e Achille Bonito Oliva, Carla Lonzi e Lea Vergine. All’attualità della loro lezione è dedicato Armi improprie. Che suggerisce un viaggio appassionante tra idee, teorie, libri, articoli, progetti, mostre, esperienze corsare. Disegnando così i contorni di un possibile canone della critica d’arte italiana del XX secolo.
Vincenzo Trione
Professore ordinario di Arte e media e di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università IULM di Milano, è Preside della Facoltà di Arti e turismo. È Presidente della Scuola dei beni e delle attività culturali. Collabora al Corriere della Sera. Ha curato mostre in musei italiani e stranieri e il Padiglione Italia della Biennale di Venezia (2015). Direttore dell’Enciclopedia Treccani dell’Arte Contemporanea, è autore di monografie su Apollinaire, Soffici e de Chirico. Tra i suoi libri: Effetto città. Arte cinema modernità (2014), Contro le mostre (con Tomaso Montanari, 2017), L’opera interminabile. Arte e XXI secolo (2019), Artivismo. Arte, politica, impegno (2022), Prologo celeste. Nell’atelier di Anselm Kiefer (2023).
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