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Ricordo di Charles Gayle, 1939 - 2023

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Sax tenore ma anche valente polistrumentista, Charles Gayle, afroamericano, nato a Buffalo nel 1939, emerge nel jazz d'avanguardia solo negli ultimi anni ottanta. Nei sessanta insegna musica all'università e a New York partecipa alla scena del free jazz, ma senza cercare di farsi notare. Poi sceglie la vita dell'homeless, e suona per strada e nella metropolitana a New York e dintorni, rarissimamente in bar o club, facendo una musica senza compromessi, completamente libera: nel suo sax tenore è potentemente sedimentata la memoria di Sonny Rollins, Albert Ayler, John Coltrane, ma Gayle ha una sua fortissima personalità. Alla metà degli ottanta però la Knitting Factory gli offre un ingaggio settimanale, e nell'87 una etichetta svedese decide di fargli incidere un album: è il primo di una lunga serie di dischi sotto suo nome, e l'inizio di una carriera che Gayle non aveva mai avuto né cercato di avere. Profondamente religioso, Gayle riversa nelle sue energetiche improvvisazioni tutto il suo trasporto spirituale, ma anche il desiderio di suonare con la potenza e lo scatto con cui si tira di boxe, sua grande passione. Con Charles Gayle, morto a 84 anni il 5 settembre, se ne va quello che assieme a David S. Ware, mancato già da diversi anni, è stato il più importante sax tenore di quell'area free newyorkese che negli ultimi decenni ha ruotato interno a William Parker, e in assoluto uno dei più formidabili sax tenori di tutto il jazz - non solo dell'avanguardia - a cavallo tra secolo scorso e nuovo millennio. Lo ricordiamo col classico Touchin' On Trane (1991), in trio con William Parker al basso e Rashied Ali, il batterista dell'ultimo Coltrane; con Always A Pleasure (1993), in cui è nel gruppo di Cecil Taylor; con Requiem (2004) di William Parker; e con Live in Belgium (2015) in trio con gli italiani Manolo Cabras e Giovanni Barcella.
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Sax tenore ma anche valente polistrumentista, Charles Gayle, afroamericano, nato a Buffalo nel 1939, emerge nel jazz d'avanguardia solo negli ultimi anni ottanta. Nei sessanta insegna musica all'università e a New York partecipa alla scena del free jazz, ma senza cercare di farsi notare. Poi sceglie la vita dell'homeless, e suona per strada e nella metropolitana a New York e dintorni, rarissimamente in bar o club, facendo una musica senza compromessi, completamente libera: nel suo sax tenore è potentemente sedimentata la memoria di Sonny Rollins, Albert Ayler, John Coltrane, ma Gayle ha una sua fortissima personalità. Alla metà degli ottanta però la Knitting Factory gli offre un ingaggio settimanale, e nell'87 una etichetta svedese decide di fargli incidere un album: è il primo di una lunga serie di dischi sotto suo nome, e l'inizio di una carriera che Gayle non aveva mai avuto né cercato di avere. Profondamente religioso, Gayle riversa nelle sue energetiche improvvisazioni tutto il suo trasporto spirituale, ma anche il desiderio di suonare con la potenza e lo scatto con cui si tira di boxe, sua grande passione. Con Charles Gayle, morto a 84 anni il 5 settembre, se ne va quello che assieme a David S. Ware, mancato già da diversi anni, è stato il più importante sax tenore di quell'area free newyorkese che negli ultimi decenni ha ruotato interno a William Parker, e in assoluto uno dei più formidabili sax tenori di tutto il jazz - non solo dell'avanguardia - a cavallo tra secolo scorso e nuovo millennio. Lo ricordiamo col classico Touchin' On Trane (1991), in trio con William Parker al basso e Rashied Ali, il batterista dell'ultimo Coltrane; con Always A Pleasure (1993), in cui è nel gruppo di Cecil Taylor; con Requiem (2004) di William Parker; e con Live in Belgium (2015) in trio con gli italiani Manolo Cabras e Giovanni Barcella.
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