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52 [ITA🇮🇹] Si dice immigrat*, ma si pronuncia expat: perché l* occidental* sono expat?

24:31
 
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Immigrat* e expat sono entrambe parole usate per descrivere le persone che lasciano le loro case o il loro paese per un altro posto dove vivere o lavorare, temporaneamente o permanentemente. Indubbiamente alcuni gruppi e dati demografici sono indicati e percepiti come molto più privilegiati di altri. Il paese di nascita sembra giocare un ruolo importante nel modo in cui viene percepito il gruppo o la fascia demografica.
Come atto volontario di sradicamento, il concetto di "expat" insinua tipicamente giovinezza, denaro e istruzione. Ecco perché l'espatriato è una figura così romantica: tende a essere giovane, libero e quindi completamente aperto a nuove esperienze. Un'anima solitaria che cerca l'avventura o l'avanzamento di carriera, che ce la fa da sola mentre affronta lo shock culturale, le barriere linguistiche e la minaccia molto reale della nostalgia di casa. Ma il romanticismo non può giustificare un pregiudizio generalizzato. Un americano che vive in Italia è un immigrato. Un olandese che vive a New York è un immigrato. E se vogliamo romanzare le lotte di questi immigrati, dovremmo essere in grado di estendere la stessa cortesia ad altri che affrontano le lotte nei Paesi che hanno lasciato.
Continuiamo la conversazione su Instagram
https://www.instagram.com/ericaisotta/
Per supportarmi, potete acquistare un libro su https://womenplot.com/
risorse
https://frenchly.us/is-the-word-expat-inherently-biased/
https://www.theguardian.com/global-development-professionals-network/2015/mar/13/white-people-expats-immigrants-migration

Erica Isotta

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Come atto volontario di sradicamento, il concetto di "expat" insinua tipicamente giovinezza, denaro e istruzione. Ecco perché l'espatriato è una figura così romantica: tende a essere giovane, libero e quindi completamente aperto a nuove esperienze. Un'anima solitaria che cerca l'avventura o l'avanzamento di carriera, che ce la fa da sola mentre affronta lo shock culturale, le barriere linguistiche e la minaccia molto reale della nostalgia di casa. Ma il romanticismo non può giustificare un pregiudizio generalizzato. Un americano che vive in Italia è un immigrato. Un olandese che vive a New York è un immigrato. E se vogliamo romanzare le lotte di questi immigrati, dovremmo essere in grado di estendere la stessa cortesia ad altri che affrontano le lotte nei Paesi che hanno lasciato.
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