La morte non può farmi male
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A me piacciono tantissimo le poesie tradotte da altre lingue, perché sono ancora più improbabili delle poesie nella lingua dell’autrice o dell’autore e l’improbabilità che diventa possibile è una mia grande passione, fa tremare i bordi della realtà, la sconfina e le fa accogliere variazioni prima impensabili.
Quest’estate, grazie al mio amico RaiMondo, libraio in fondo alla città di Napoli, che l’ha pubblicata, e me l’ha mandata, leggevo Louise Glück e in Averno c’era scritto così:
[…]
la morte non può farmi male
più di quanto tu mi abbia fatto male,
amata vita mia.
E pensavo: “Già, e invece che estraneo inavvicinabile abbiamo fatto della morte.”
Qualche volta, quando ci succede qualcosa di terribile, soprattutto se siamo piccoli, si cade fuori dalla storia e anche, qualche volta, dalla condizione umana. Un bambino che soffre moltissimo è perturbante e dunque cancellabile. Si diventa estranei a tutto e a tutti, anche alle parole, perché il terribile è spesso indicibile, anche alle immagini perché è inimmaginabile, non fa immagine, per questo non si dorme....
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